lunedì 22 giugno 2015

Fu razzista Julius Evola? E in che senso?



Julius Evola fu antisemita? Fu uno dei lettori (e interpreti) della Tradizione occidentale più intransigenti eppure, proprio per la sua intransigenza, qualche detrattore finì per averlo. Così, a ceneri fredde, sono cominciate le etichette per denigrarlo o ridurne la statura. Fascista, per esempio. Quando Evola non fu mai allineato al Regime. Oppure, appunto, antisemita. Era convinto della superiorità della razza ariana? Era favorevole alle leggi razziali? Il suo giudizio sulla cultura ebraica, e sul suo patrimonio esoterico, la qabalah, era negativo? Sentiamo cosa ne pensa lui.

Evola intendeva la razza in sensi spirituali ed etici. Il razzismo tedesco di Stato fu visto come "la mescolanza fra una varietà dell'ideologia nazionalista a fondo pangermanista e idee dello scientismo biologico". «In ordine a queste ultime, non ebbe del tutto torto Trotsky quando definì il razzismo come un materialismo zoologico. Si fede ricorso alla biologia, alla eugenetica, alla teoria dell'ereditarietà prese come erano, cioè nei loro presupposti del tutto materialistici». 

«Quando Mussolini mi chiamò e diede l’accennato giudizio su Sintesi di dottrina della razza, disse di voler sapere come la cultura italiana aveva accolto il libro. Allora Pavolini, ministro per la cultura popolare, diramò una ‘velina’ per segnalare alla stampa quell’opera. Ma di tali veline, quasi sempre sollecitate dagli autori, se ne inviava una quantità; vi si era abituati, sicché alla segnalazione del mio libro non si fece quasi caso. Venutone a sapere, Mussolini si adirò e fece ripetere in forma categorica la segnalazione. Naturalmente, allora venne giù una pioggia di recensioni, a partire dall’aulico Corriere della Sera  da altri grossi giornali che mai si erano degnati occuparsi dei miei libri. È così che molti in Italia vennero a conoscermi solo per essere l’autore di un libro sulla razza e che mi viene applicata l’etichetta, non facilmente staccabile, di “razzista”, quasi che di null’altro io mi fossi occupato. […] In realtà io mi ero sforzato di applicare ai problemi della razza dei principi di carattere superiore e spirituale, si trattava per me di un dominio del tutto subordinato, e lo scopo principale era di combattere gli errori delle varietà del razzismo materialista e primitivissimo affacciatosi in Germania, che alcuni in Italia si accingevano a riprodurre dilettantisticamente. Anche in questo dominio io mi tenevo fedele alla mia linea, e nell’essenziale non vi è nulla di quanto allora scrissi che io rinneghi: pur conoscendo l’assoluta mancanza di senso che praticamente avrebbe, oggi, il riprendere simili problemi». Fu anche per questa ragione che nel 1959 Evola scrisse di non voler più ristampare i suoi scritti sulla razza.

«Il che vale per lo stesso problema ebraico. Il modo con cui l’avevo considerato era assai diverso da quello proprio al volgare antisemitismo. L’azione dell’ebraismo nella società e nella cultura moderno, lungo due linee principali, quella dell’internazionale capitalista e quella di un fermento rivoluzionario e corrosivo, è difficilmente contestabile. Ma io cercai di mostrare che codesta azione è stata svolta essenzialmente da un elemento ebraico secolarizzato, staccatosi dalla sua antica tradizione, nel quale alcuni aspetti di essa avevano assunto forme distorte e materializzate e nel quale si erano liberati gli istinti, in parte frenati da quella tradizione, di una determinata sostanza umana. Contro la tradizione ebraica in senso proprio avevo poco da eccepire, e spesso nei miei libri su argomenti esoterici avevo citato la Kabbala, antichi testi ebraici sapienziali e autori ebrei (a parte la mia valorizzazione di Michelstaedter, che era ebreo, e il mio interesse per un altro ebreo, Weininger, della cui opera principale curai una nuova traduzione in italiano. […] Infine sul piano delle forze storiche non mancai di accusare non solo l’unilateralezza ma anche la pericolosità di un antisemitismo fanatico e visionario, ciò, anche nell’introduzione che scrissi per la ristampa, curata da Preziosi, dei famosi e discusissimi Protocolli dei Savi di Sion. Rilevai cioè quanto fosse pericoloso credere che solo l’ebraismo sia il nemico da combattere».

«Infine non occorre nemmeno accennare che né io, né i miei amici in Germania sapevamo degli eccessi nazisti in Germania contro gli ebrei e che, se ne avessimo saputo, in alcun modo avremmo potuto approvarli».


«Lo Stato non è l'espressione della società. La società è - in senso Aristotelico – la "materia", lo Stato "la forma". Non diversi rapporti devono intercorrere – fra Stato e nazione o popolo (demos): il primo corrisponde al principio maschile e spirituale, il secondo al principio femminile e materiale. Ed è per questo che nell'antica romanità 'l'idea di Stato e di Imperium - della sacra potestà - si collegò col culto simbolico di divinità maschili del cielo, della luce, del sopramondo, nella sua opposizione alla regione oscura delle Madri e delle divinità ctoniche».