martedì 30 giugno 2015

Questa sera a Latina il simposio di De Lantaarn su Wilhelm Reich



Il Capitolo de Lantaarn del Rito di York, in collaborazione del Capitolo San Galgano organizza un simposio dal titolo “La tradizione iniziatica occidentale. Storia e simboli” in occasione della presentazione del titolo della collana di studi De Lantaarn (edita da Tipheret) “Massoneria e Orgonomia” di Cristiano Turriziani. Con l’autore interverrà il filosofo Mauro Cascio e il GS del Capitolo Michele Polini. Questa sera, ore 20.30, La Pucceria, a Latina in via Carducci

lunedì 29 giugno 2015

Il dialogo oltre le resistenze e le volontà del potere. Tiziano Busca ed Emilio Attinà: «Progetto di crescita e cultura per nuovi scenari di dialogo»

Tiziano Busca con Emilio Attinà

«Grazie professore per il convegno che ha fatto.... ah, ma ci sono degli ospiti... non di Reggio... la prossima volta dovete venire alla Moschea: sono io il responsabile del  Tempio». Solo questi brevi parole sarebbero sufficienti  a raccogliere e testimoniare quanto il convegno promosso dall' Associazione Culturale La Concordia abbia avuto il successo e colto lo spirito del dialogo.
Emilio Attinà accoglie soddisfatto il commento, sorride,  condivide con i relatori e tutti i presenti l'indiscutibile risultato  della manifestazione svoltasi al Cinema Odeon dal tema Un ponte tra Oriente ed Occidente, tra rischi globali e prospettive nello scacchiere del mondo.
I contributi ricchi di analisi e spunti di riflessione per comprendere la via di un dialogo inteso profondo e condiviso hanno visto impegnati il prof. Massimiliano Ferrara dell'Università di Reggio che ha tracciato il quadro di riferimento degli interessi politici, economici, strategici che coinvolgono l'area mediterranea alla luce delle nuove e diverse strategie geopolitiche che coinvolgono sia la politica internazionale che i gruppi ed i movimenti che oggi rappresentato la minaccia non solo allo scacchiere europeo ma anche alla comunità islamica locale che ben distingue tra processo politico e percorso religioso.
«Nessun Dio spinge alla guerra», ha infatti affermato il prof. Daniele Castrizio della Università di Messina, ma sono i fattori e gli interessi finanziari e di sfruttamento delle risorse energetiche a determinare  i conflitti in un territorio che storicamente ha dimostrato invece di essere terreno di dialogo e di fusione di culture che sempre hanno condiviso percorsi comuni. È successo che le stesse culture si siano contaminate tanto da risultare persino somiglianti. L'area del mediterraneo è stata per secoli la fucina dello sviluppo culturale ancor prima che una politica lontana e che guarda più al nord Europa che alle aree centrali mediterranee favorisce una sorta di nuova marginalità.
«Un pugno di api, che fanno miele, sono meglio di tante mosche che fanno solo puzza» con questo detto islamico il prof. Zouhairi Abderrhaim della università di Rabat ha cercato di far cogliere il senso ed il bisogno di conoscenza profonda dell'Islam per distinguere e marcare la differenza tra Islam e terrorismo. Il terrorismo è tale al di là del contesto religioso e brucia la terra e le anime dei popoli. L'Islam è una religione di pace, il Corano nella sua natura non è solo un testo di fede ma un contesto anche di regole che poggia su cinque pilastri fondamentali che rappresentano per il popolo islamico anche il modello delle norme sociali e politiche.
«Una carezza all'anima, una carezza alla intelligenza ed alla sensibilità: questo è il valore distintivo di questo incontro» ha esordito nel suo intervento Tiziano Busca che ha posto la centralità dell'Uomo ai percorsi di sviluppo per un nuovo dialogo politico dove gli elementi anche utopici del passato possono trovare oggi nuovi terreni di condivisione. Il diritto alla felicità non è solo un richiamo alla dichiarazione di indipendenza americana ma anche il pensiero di uomini che in questa terra di Calabria avevano capito che una via nuova all'imperialismo era possibile. E ricordando Gaetano Filingeri che a Castelmonardo voleva creare la comunità di Filadelfia per i suoi rapporti con Benjamin Franklin, ha invitato coloro che vivono un percorso introspettivo a testimoniare una diversa presenza capace di rendere ricco un nuovo processo di dialogo tra gli uomini ricordando che le diversità si formano e gli scontri si manifestano quando la nostra intelligenza si chiude alla comprensione, alla cultura, alla conoscenza, alla condivisione. «Noi non possiamo chiudere gli occhi ed il cuore ad un mondo che si muove e che ci viene incontro. Noi diventeremo ricchi e l'uomo che abbiamo di fronte ci riconoscerà solo se saremo capaci di leggere la luce nei suoi occhi... entrambi ed insieme avremo condiviso con senso la via al dialogo e della solidarieta», ha concluso Busca che ha anche auspicato il moltiplicarsi di questi incontri che la regia di Emilio Attinà ha reso straordinariamente importante.

venerdì 26 giugno 2015

Domani Tiziano Busca a Reggio Calabria

Attinà e Busca con il GM Stefano Bisi in una foto di repertorio

Domani Tiziano Busca sarà a Reggio Calabria per partecipare al convegno «Un Ponte tra Oriente e Occidente» (clicca qui a lato per ulteriori informazioni sul convegno).

Per ascoltare il suo ultimo intervento (a Brescia) clicca qui

Online il nuovo numero di YR e.Mag@zine



È online il primo numero di YR e.Mag@zine, il mensile del Gran Capitolo dell’Arco Reale Italiano del Rito di York. Per sfogliarlo è sufficiente cliccare la copertina qui a lato. Tra i contenuti: uno speciale fotografico sulla Grande Assemblea di Rimini, un affettuoso ricordo di Augusto Fornaciai, il saggio di Luigi Maria Bianchini «Narrazione fantastica: utopia, significati e simboli» e un nuovo approfondimento del rituale a cura di Jenner Corradetti, Gran Sacerdote del Capitolo Marca Fermana.

Il Principe e il velo di Cristo. Una ipotesi sulla Sindone

di Valentina Marelli



Sulla Cappella di San Severo si potrebbe scrivere un’intera enciclopedia. Potremmo tranquillamente dire senza essere tacciati di superbia che si tratta della Rosslyn Chapel italiana, anzi, e lo dico con maggior orgoglio, Napoletana.

C’è talmente tanto materiale su questa cappella e sul suo proprietario, il Conte Raimondo di Sangro Principe di San Severo, che risulterebbe noioso e banale riproporlo in questa sede in cui tracceremo solo dei piccoli e schematici riferimenti giusto per incorniciare quello che è il particolare argomento su cui vogliamo soffermarci.

Particolare argomento che è frutto di una riflessione di qualche anno fa,  e che forse ora è matura e può essere esternata, messa su carta e condivisa, chissà se qualcuno leggendola possa accorgersi di avere gli strumenti e le nozioni per poterla poi dimostrare come è accaduto per il Teorema di Fermat.

Del Principe sappiamo che fu un Alchimista e Gran Maestro della Massoneria Napoletana e che si impegnò nella ristrutturazione della Cappella di famiglia che è diventata quella che oggi noi conosciamo come la Cappella di San Severo; il suo casato vanta antichissime origini, il primo Conte di Sangro fu Odorisio della Casa di Borgogna, confermato dallo stemma dei di Sangro in cui sono presenti bande trasversali su campo oro di cui potevano fregiarsi solo i discendenti dei Duchi di Borgogna. Vantò anche la presenza di ben quattro Papi imparentanti in qualche modo con i di Sangro, ma l’aspetto forse ancora più interessante è quello che secondo Sansoni Vagni lega la famiglia di Sangro con l’abate San Bernardo di Clairvaux, questo comune legame di sangue è molto importante in quanto sono entrambi rami di un unico albero innestato spiritualmente sul poderoso e più antico ceppo Benedettino.

È Mario Buonoconto ad affermare che proprio attraverso San Bernardo la Casa si legò all’Ordine del Tempio. Forse, entrando un po’ nel vivo del discorso templare, tutto si innesta in un discorso che parte da una affermazione di Umberto Eco che recita che de Molay, ultimo Gran Maestro del Tempio,  prima di morire costituì Quattro logge segrete dell’Ordine: Parigi, Scozia, Stoccolma e Napoli in cui fu diviso il Segreto ed il Tesoro.
Fatto sta che la gigantesca ombra dei cavalieri templari tornerà più volte ad aleggiare sulle analisi dei simboli nelle opere commissionate dal Principe.

A dire il vero tutte queste ipotesi hanno in me trovato un fondamento di plausibilità, quando sono ritornata a visitare la Cappella dopo molti anni di assenza da essa e da Napoli, anni in cui ho approfondito tematiche inerenti ai Templari ed alla Massoneria, anni in cui è stato fondato il Clan Sinclair in Italia, anni che hanno maturato le mie conoscenze e con esse la visione che avevo di questo luogo.

La mia attenzione si fermò sulla statua più famosa presente nella cappella: il Cristo Velato, e mi ritrovai a chiedermi che cosa il Principe abbia voluto realmente rappresentare in quella statua che lascia a bocca aperta milioni di visitatori ogni anno.

Al di la delle leggende che la vedono protagonista di esperimenti alchemici di marmorizzazione postuma del velo essa rappresenta un tale capolavoro scultoreo che basti dire che il grande Antonio Canova confesserà che “avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore del Cristo Velato” dieci anni per la statua di quel Cristo adagiato su di un materasso con il capo reclinato su due cuscini.

Ma perché Raimondo di Sangro decise di raffigurare il Cristo deposto dalla croce su un giaciglio morbido come un materasso con il capo sorretto da cuscini? Non è un’immagine un po’ insolita? E se il principe avesse voluto tramandarci un messaggio inerente ad una diversa storia?

Su questa ultima e fondamentale domanda si innesta lo studio di due grandi personaggi che sono Christopher Knight e Robert Lomas che anni fa scrissero un libro molto interessate sulla Sindone dal titolo: “Il secondo Messia”, in cui tra le altre cose affermarono che l’uomo della Sindone era ancora vivo dopo il martirio.

L’aspetto interessante del libro è che dalla descrizione di tutti i passaggi nei quali spiegano in che modo fossero riusciti a riprodurre la Sindone risulta come, inconsapevolmente, stessero ricostruendo una immagine quasi identica al Cristo Velato.  E i collegamenti tra questa scultura e la Sacra Sindone sono abbastanza intuitivi.  Non mi spingo oltre nella descrizione fatta da Knight e Lomas perché non voglio rovinarvi la lettura del libro ma mi chiedo a questo punto: sarà veramente il Cristo quello fatto scolpire da Raimondo di Sangro?

Una precisazione è assolutamente d’obbligo ho usato il termine inconsapevolmente non a caso; qualche anno fa quando incontrai Knight gli feci vedere una foto del Cristo Velato e rimase molto impressionato dalla scultura riuscimmo a scambiare due parole sul suo libro e gli accennai quella che era la mia intuizione cercando in lui delle risposte, ma lui da buon Maestro mi spinse studiare ed a interrogare la pietra più che gli uomini; gliene sono ancora molto grata.



Si sa le domande in genere generano sempre altre domande, e benché una parte di quelle che avevo all’epoca dell’incontro con Knight hanno trovato una risposta, altre invece sono affiorate nella mia mente: se sono veri i rapporti tra il Casato dei di Sangro e i Cavalieri del Tempio potrebbe , la statua del Cristo Velato, nascondere un’ipotesi eretica secondo cui Cristo non morì sulla croce ma fu deposto ancora vivo?

Potrebbe la leggenda della marmorizzazione e relativa applicazione successiva del velo rappresentare una metafora che simboleggi l’occultamento di un’altra storia che doveva per necessità essere mantenuta segreta e tramandata  attraverso un codice che poteva essere decifrato solo da chi possedeva le chiavi per farlo?


In questa ultima domanda si racchiude la chiave di un mistero che attraversa i secoli e collega luoghi e uomini, storie e leggende e reliquie che tra di loro sembrano tasselli di un unico puzzle di cui è andata perduta la scatola e con essa l’immagine da ricostruire.

Le risposte, come insegnano i Maestri, vanno cercate nella pietra.






giovedì 25 giugno 2015

Il Solstizio d’estate a San Galgano



Appuntamento il 26 giugno per festeggiare il Solstizio d'estate nella magica atmosfera dell'Abbazia di San Galgano. La nota manifestazione è ormai giunta alla decima edizione a cura delle logge senesi "Arbia" (138), "Montaperti" (722), "Salomone" (758), "Agostino Fantastici" (1472), con il patrocinio del Collegio circoscrizionale della Toscana. La tornata in grado di apprendista avrà luogo nel tempio allestito all'interno dello storico sito sotto il cielo stellato.

Terrà il maglietto la "Montaperti" (722) di Siena e interverrà il Gran Maestro Stefano Bisi. L'orazione sarà tenuta dal Gran Segretario Michele Pietrangeli. La tornata rituale sarà interrotta per consentire a familiari e amici di assistere all'evento. Seguirà l'agape bianca. L'Abbazia, iniziata verso il 1220 ma consacrata solo nel 1268, segna l'inizio dell'arte gotica in Toscana. Andata in rovina dopo il '500, nel 1924 venne restaurata da Gino Chierici ma solo allo scopo di rallentarne l'inarrestabile degrado: il risultato è che adesso non appare affatto come un rudere ma bensì come un'originale struttura lasciata volutamente incompiuta.

Le proporzioni, i materiali, l'assenza del tetto, il rosone vuoto, il silenzio, il cielo a vista avvolgono e stordiscono. Ed è proprio la mancanza del tetto, crollato nel 1768, che esalta l'articolazione e l'eleganza architettonica delle linee che si slanciano verso il cielo aperto come un inno alla spiritualità, accomunando in questo l'Abbazia a quelle di Melrose e di Kelso in Scozia, a quella di Cashel in Irlanda e a quella di Eldena in Germania.

Fonte: GOI

Un simposio con Cristiano Turriziani



Il Capitolo de Lantaarn del Rito di York, in collaborazione del Capitolo San Galgano organizza un simposio dal titolo “La tradizione iniziatica occidentale. Storia e simboli” in occasione della presentazione del titolo della collana di studi De Lantaarn (edita da Tipheret) “Massoneria e Orgonomia” di Cristiano Turriziani. Con l’autore interverrà il filosofo Mauro Cascio e i GS dei Capitoli Michele Polini e Pio Frasghini. Martedì 30 giugno, ore 20.30, La Pucceria, a Latina in via Carducci.

Rischi globali e prospettive nello scacchiere del mondo



L’associazione culturale Le Concordia organizza per il prossimo 27 giugno alle 9.30 presso il cine teatro Odeon il convegno «Un ponte tra oriente e occidente, tra rischi globali e prospettive nello scacchiere del mondo». Interverranno Massimiliano Ferrara, docente al’Università Mediterranea di Reggio Calabria (“Geopolitica e Sicurezza nell’area del Mediterraneo: quali scenari?”), Daniele Castrizio dell’Università di Messina (“Un Dio di pace nell’intero mediterraneo), Zouhairi Abderraim, docente di Filosofia del pensiero islamico moderno dell’Università di Rabat, in Marocco (“Islam, pensiero islamico e Isis o terrorismo?”), il sociologo Tiziano Busca (“Il diritto alla felicità: la ragione della migrazione e della rivendicazione della libertà”). Sarà anche un'occasione per ricordare Augusto Fornaciai, recentemente scomparso. Saluti e Conclusioni di Emilio Attinà, presidente dell’Associazione La Concordia.

mercoledì 24 giugno 2015

L'Icosameron di Casanova, viaggio massonico al centro della terra


Il frontespizio dell'opera

Sul finire della sua vita, il Fratello Giacomo Casanova mise mano alla stesura di un romanzo - su cui riponeva molte aspettative - dal titolo "Icosameron". Il romanzo, scritto in francese e purtroppo mai pubblicato in edizione integrale in lingua italiana, è ricchissimo di simbolismi massonici, che vengono analizzati in questo saggio di Marco Rocchi, appena apparso su «Il (sotto)suolo e l'immaginario», edizioni Aras, 2015:

Leggi il saggio




Dieci obiezioni ai dieci comandamenti



«Questa breve e frammentaria storia radiale della letteratura russa parla principalmente dei dieci comandamenti. E dieci forme di obiezione ai dieci comandamenti sono adoperate qui come chiavi di lettura di alcune problematiche fondamentali della cultura russa dell'Otto e Novecento; e queste problematiche sono adoperate qui come chiave di lettura dei dieci comandamenti. Secondo me è un buon metodo. La letteratura, la critica letteraria e la teologia hanno sempre argomenti in comune; hanno talmente tanti argomenti in comune che, a considerarle obiettivamente, risulta in realtà molto difficile tracciare tra esse una demarcazione».

Così scrive Igor Sibaldi nella prefazione di «Dieci obiezioni ai comandamenti – Breve storia della letteratura russa attraverso i suoi paradossi», l’ultima brillante novità delle Edizioni Spazio Interiore, per ora disponibile nello store e tra pochi giorni in libreria.


martedì 23 giugno 2015

Il Sommo Sacerdote Tiziano Busca e la delegazione italiana alla 41ma Grande Assemblea d'Austria

Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale Tiziano Busca, il Gran Maestro del Gran Concilio dei Massoni Criptici Mario Pieraccioni, con una delegazione comprendente Emilio Attinà, Mauro Luzi e Nicola Zanetti, deputy per le relazioni con i Gran Capitoli Esteri hanno partecipato a Vienna alla 41ma Grande Assemblea del Rito di York austriaco.

Nicola Zanetti con Tiziano Busca


I lavori


Con le delegazioni estere








lunedì 22 giugno 2015

Fu razzista Julius Evola? E in che senso?



Julius Evola fu antisemita? Fu uno dei lettori (e interpreti) della Tradizione occidentale più intransigenti eppure, proprio per la sua intransigenza, qualche detrattore finì per averlo. Così, a ceneri fredde, sono cominciate le etichette per denigrarlo o ridurne la statura. Fascista, per esempio. Quando Evola non fu mai allineato al Regime. Oppure, appunto, antisemita. Era convinto della superiorità della razza ariana? Era favorevole alle leggi razziali? Il suo giudizio sulla cultura ebraica, e sul suo patrimonio esoterico, la qabalah, era negativo? Sentiamo cosa ne pensa lui.

Evola intendeva la razza in sensi spirituali ed etici. Il razzismo tedesco di Stato fu visto come "la mescolanza fra una varietà dell'ideologia nazionalista a fondo pangermanista e idee dello scientismo biologico". «In ordine a queste ultime, non ebbe del tutto torto Trotsky quando definì il razzismo come un materialismo zoologico. Si fede ricorso alla biologia, alla eugenetica, alla teoria dell'ereditarietà prese come erano, cioè nei loro presupposti del tutto materialistici». 

«Quando Mussolini mi chiamò e diede l’accennato giudizio su Sintesi di dottrina della razza, disse di voler sapere come la cultura italiana aveva accolto il libro. Allora Pavolini, ministro per la cultura popolare, diramò una ‘velina’ per segnalare alla stampa quell’opera. Ma di tali veline, quasi sempre sollecitate dagli autori, se ne inviava una quantità; vi si era abituati, sicché alla segnalazione del mio libro non si fece quasi caso. Venutone a sapere, Mussolini si adirò e fece ripetere in forma categorica la segnalazione. Naturalmente, allora venne giù una pioggia di recensioni, a partire dall’aulico Corriere della Sera  da altri grossi giornali che mai si erano degnati occuparsi dei miei libri. È così che molti in Italia vennero a conoscermi solo per essere l’autore di un libro sulla razza e che mi viene applicata l’etichetta, non facilmente staccabile, di “razzista”, quasi che di null’altro io mi fossi occupato. […] In realtà io mi ero sforzato di applicare ai problemi della razza dei principi di carattere superiore e spirituale, si trattava per me di un dominio del tutto subordinato, e lo scopo principale era di combattere gli errori delle varietà del razzismo materialista e primitivissimo affacciatosi in Germania, che alcuni in Italia si accingevano a riprodurre dilettantisticamente. Anche in questo dominio io mi tenevo fedele alla mia linea, e nell’essenziale non vi è nulla di quanto allora scrissi che io rinneghi: pur conoscendo l’assoluta mancanza di senso che praticamente avrebbe, oggi, il riprendere simili problemi». Fu anche per questa ragione che nel 1959 Evola scrisse di non voler più ristampare i suoi scritti sulla razza.

«Il che vale per lo stesso problema ebraico. Il modo con cui l’avevo considerato era assai diverso da quello proprio al volgare antisemitismo. L’azione dell’ebraismo nella società e nella cultura moderno, lungo due linee principali, quella dell’internazionale capitalista e quella di un fermento rivoluzionario e corrosivo, è difficilmente contestabile. Ma io cercai di mostrare che codesta azione è stata svolta essenzialmente da un elemento ebraico secolarizzato, staccatosi dalla sua antica tradizione, nel quale alcuni aspetti di essa avevano assunto forme distorte e materializzate e nel quale si erano liberati gli istinti, in parte frenati da quella tradizione, di una determinata sostanza umana. Contro la tradizione ebraica in senso proprio avevo poco da eccepire, e spesso nei miei libri su argomenti esoterici avevo citato la Kabbala, antichi testi ebraici sapienziali e autori ebrei (a parte la mia valorizzazione di Michelstaedter, che era ebreo, e il mio interesse per un altro ebreo, Weininger, della cui opera principale curai una nuova traduzione in italiano. […] Infine sul piano delle forze storiche non mancai di accusare non solo l’unilateralezza ma anche la pericolosità di un antisemitismo fanatico e visionario, ciò, anche nell’introduzione che scrissi per la ristampa, curata da Preziosi, dei famosi e discusissimi Protocolli dei Savi di Sion. Rilevai cioè quanto fosse pericoloso credere che solo l’ebraismo sia il nemico da combattere».

«Infine non occorre nemmeno accennare che né io, né i miei amici in Germania sapevamo degli eccessi nazisti in Germania contro gli ebrei e che, se ne avessimo saputo, in alcun modo avremmo potuto approvarli».


«Lo Stato non è l'espressione della società. La società è - in senso Aristotelico – la "materia", lo Stato "la forma". Non diversi rapporti devono intercorrere – fra Stato e nazione o popolo (demos): il primo corrisponde al principio maschile e spirituale, il secondo al principio femminile e materiale. Ed è per questo che nell'antica romanità 'l'idea di Stato e di Imperium - della sacra potestà - si collegò col culto simbolico di divinità maschili del cielo, della luce, del sopramondo, nella sua opposizione alla regione oscura delle Madri e delle divinità ctoniche».

venerdì 19 giugno 2015

Ars Gratia Artis. La Tigre nella Foresta della Notte

di Davide Riboli

Tiger, tiger, burning bright    
In the forests of the night,    
What immortal hand or eye    
Could frame thy fearful symmetry?

Quando ho cominciato a scrivere per questo blog sapevo che, prima o poi, mi sarei dovuto occupare di William Blake. E, finché ci sono riuscito, ho sempre rimandato l'occasione di farlo. Perché Blake è irriferibile: ciò che abita la sua opera non può che risultare appannato da qualsiasi restituzione mediata. Nei suoi quadri, nelle sue incisioni, nei suoi scritti il Simbolo è una forza primigenia e vitalissima - quasi febbricitante - e non una mera testimonianza di ciò che fu nell'antico.



Nello spazio tra un quadro di Blake e gli occhi di uno spettatore si palesa apertamente il demone di cui parla Pierre Klossowski quando descrive l'atto di dipingere e quello di guardare un dipinto.



I suoi lavori non possono essere "guardati", perché in realtà sono artefatti che guardano noi, spingendoci a interrogarci sulla pochezza di una certa contemporaneità e non solo.



In ultima analisi, l'opera di Blake non necessita di intermediari, come di intermediari non necessita l'azione illuminante del Simbolo che opera su ciascuno di noi in modo al tempo stesso potente e sottile, uguale e differente.

The world of men are like the numerous stars
That beam and twinkle in the depth of the night




Con questo ultimo intervento la rubrica prende una pausa estiva. Ci ritroveremo, se vorrete, a settembre.

Buon Solstizio a tutti..

Il Meridiano ed il Priorato Saint Sulpice a Parigi

di Valentina Marelli


A volte grazie al grande schermo scopriamo realtà sconosciute cariche di misteri e leggende. È il caso della Chiesa di Saint Sulpice di Parigi che grazie al famoso «Codice Da Vinci» di Dan Brown è diventata tappa di pellegrinaggio per curiosi e studiosi da ogni parte del mondo. 

Ricordo tanti anni fa quando mi ci imbattei la prima volta ero praticamente da sola, oggi si fa fatica quasi ad entrarci, e le ipotesi sugli strani elementi che contiene sono numerosi, andiamo a vedere le principali.

Nel romanzo di Dan Brown appare una misteriosa “rose ligne” (linea rosa) che rappresenterebbe l’antico meridiano di Parigi, il cosiddetto meridiano zero, più tardi sostituito da quello odierno di Greenwich. L’autore americano suggerisce però che la Linea Rosa stia a simbolizzare la linea di sangue derivata dall’unione carnale di Gesù con Maria Maddalena. I discendenti di Gesù. Tanto che colloca su questa immaginaria linea che attraversa il globo anche la famosa Cappella di Rosslyn. Un’idea geniale, che ha colpito a fondo l’immaginario collettivo e contribuito al successo del best seller. Ma la linea rosa non è stata un’invenzione di Brown. Già negli anni Sessanta del XX secolo ne parlava la mitografia del moderno Priorato di Sion.
E tuttavia, se Maddalena di Betania e Iside rivestono negli scritti del Priorato una grande importanza, invece al personaggio Gesù – punto cardine nel romanzo di Brown –  non spetta nessun ruolo di primo piano. Per una buona ragione: in realtà la Linea Rosa della tradizione, quella di cui parla il Priorato, rappresentava l’eresia giovannita e templare. Era la linea di Giovanni il Battista, la tradizione del Graal e di Nostra Signora. Non quella di Gesù. Per gli esoteristi del Priorato di Sion, il suo corrispondente geografico era la linea dell’antico meridiano di Parigi, che divideva la Francia in due metà. Partendo nell’estremo settentrione dalla città di Dunkerque, il meridiano passava per Parigi dietro la chiesa di San Sulpice (non all’interno di essa!), poi nei pressi della piramide di vetro del Louvre, e quindi sotto l’Osservatorio di Parigi, per proseguire il suo itinerario verso il meridione della Francia, correndo a pochi chilometri di distanza dalla città di Bourges – che è situata nel cuore dell’esagono francese – e poi terminare nei Pirenei, nella località di Les Pontils, a circa 300 metri dal sarcofago d’Arcadia. Quello dipinto dal pittore Nicolas Poussin e su cui si legge la famosa frase latina “Et in Arcadia ego”.
Chi possedeva la Linea Rosa, era il Signore del Tempo. Ma non solo dell’ora fugace che regolava gli orologi di milioni di persone, bensì del tempo in senso astratto: il ciclo perpetuo di morte e rinascita, il neheh degli antichi Egizi. Il tempo circolare, il serpente che si morde la coda. E i Signori del Tempo erano anche i Signori della tradizione segreta giovannita. Nel 1666 – e quindi due anni dopo l’arresto di Nicolas Fouquet, sovrintendente alle Finanze durante il regno di Luigi XIV – Re Sole decise di far erigere nel quartiere parigino Faubourg Saint Jacques l’Osservatorio astronomico. E il 21 giugno 1667 gli astronomi di corte Cassini, Picard, Huygens e Boemer fissarono ufficialmente la linea meridiana. Fu allora che gli adepti della tradizione segreta decisero di scegliere il meridiano zero quale simbolo della corrente del Graal? Fu allora che il meridiano divenne la Linea Rosa?

E qui si innesta un altro interessante pezzo del puzzle, che collega questo luogo ad un altro. Le cronache narrano che tra il XVII e il XVIII secolo, la chiesa e il vicino seminario divennero una fucina di vita spirituale e culturale.

Proprio in questo seminario avrebbe studiato un anonimo allievo, nel XIX secolo, destinato ad avere una notorietà incredibile, molti anni dopo la morte, legata al paesino in cui divenne curato, Rennes le Chateau. Il suo nome era Berengere Sauniere. Nel seminario di Saint Sulpice, secondo molti autori, ci sarebbe stata un'enclave di esoteristi, depositari di una Conoscenza antichissima e di segreti particolarmente importanti. Inoltre, la chiesa parigina di cui ci stiamo occupando è stata al centro di un discusso libercolo di 13 pagine intitolato: LE SERPENT ROUGE - NOTES SUR SAINT GERMAIN DES PRES ET SAINT SULPICE DE PARIS, in cui compaiono-tra gli altri-in chiave allegorica, Olier, Sauniere, Delacroix, Signol, i Merovingi e, naturalmente, le chiese di Saint Sulpice e Saint Germain de-Près.


Apparentemente finzione cinematografica e realtà storica si fondono e si con-fondono sulle note potremmo dire di un Fil Rouge che attraversa il mito e la storia nei secoli. 



Fonte: storia-controstoria.org

giovedì 18 giugno 2015

Il Flauto Magico ovvero il testamento filosofico di Mozart

di Diana Bacchiaz



L'iniziato rifiuta di vedere  i fatti e le cose per il loro aspetto materiale ed esteriore, avendo l'iniziato una visione interiore dell'Universo, e sapendo che l'essenziale è invisibile. Quest'ottica, va sempre tenuta presente   ed è in questo  spirito che si deve muovere colui che si avventura a comprendere un personaggio così segreto  quale Mozart e  la sua opera  più esoterica: «Il Flauto Magico».

Quest'opera, o meglio il suo libretto, fu considerato dai musicologi, sino ad un'epoca recente, e persino attualmente come una storia di fate senza logica nel suo sviluppo drammatico, in cui coabitavano il bene e il male  e con riferimenti  al simbolismo  massonico. La musica di Mozart verrebbe a salvare fortunatamente con la sua grazia  questo testo mediocre.

È evidente che questo  giudizio è fondato sulla non conoscenza totale dell'opera. Mozart in effetti non cercò affatto di trasfigurare in qualcosa il  libretto, dato che ne era il responsabile per una gran parte, ma al contrario questo testo esprimeva pienamente, per la prima volta, le sue convinzioni profonde ed il suo ideale largamente
umanitario, e  espresse  in quest'opera in larga misura la sua genialità.

Cerchiamo quindi di interpretare almeno parzialmente il significato esoterico di quest'opera.

Se poi consideriamo il Flauto Magico come il testamento filosofico di Mozart, dobbiamo subito chiederci chi  è l'autore del libretto menzionato. Sulla partitura troviamo: poema di Giesecke e Shikaneder. Si sa che verso il 1780, Christian Martin Wieland pubblicò una raccolta di racconti fantastici tra cui si trova  «Lulu o  il Flauto magico». Qualche anno dopo, il direttore di un teatro viennese, Emmanuel Shikaneder, decide di estrarre da questo testo un libretto per un’ opera dalle grandi macchinazioni e di gusto popolare. Ma proprio in quel periodo un'opera dal titolo e dal contenuto simile, Kaspar il contrabbassista o la chitarra magica,  erano rappresentate nella stessa città in un teatro concorrente, per cui  Charles Louis Giesecke decide di rimaneggiare  il progetto  e decide di occuparsi di introdurre nel testo molteplici allusioni ad antiche iniziazioni egiziane,  ed ai riti massonici.    Poi  assieme a Mozart stesso  numerosi ritocchi vennero apportati al testo dell'opera.

Si incomincia a capire questi rimaneggiamenti quando si scopre che  Wieland, Schikaneder, Giesecke e Mozart erano tutti massoni affiliati alla Loggia "Speranza Coronata", non solo ma Mozart e  Giesecke erano discepoli personali del Gran Maestro dell'Ordine in Austria, Ignace von Born. Costui aveva pubblicato  nel 1784, nel  Giornale Massonico,  un articolo sui rapporti tra  Massoneria e Misteri Isiaci, articolo che aveva avuto grande ripercussioni nelle logge e che aveva colpito in particolare  proprio Charles Louis Giesecke.  Costui  a sua volta aveva una personalità vivace, essendo poeta, chimico, filosofo;  aveva avuto una vita piuttosto nomade, titolare  di una Cattedra di Mineralogia all'Università di Dublino, e pare anche un Adepto della Grande Arte.

Ci sono quindi quattro personaggi possibili autori del testo, e forse un quinto  se includiamo Ignace Von Born,  quindi tutto ci porta  a credere che il Flauto Magico sia un lavoro collettivo, frutto di una fraterna collaborazione.  L'opera forma un tutto coerente per cui l'alterazione o la soppressione di un solo episodio  altererebbe il reale significato d'insieme. Quindi quella che nelle fiabe è la fata buona, diviene la Regina  delle Potenze Tenebrose  e  l'incantatore malvagio diventa qui il saggio e sublime Sarastro.

Esaminiamo adesso  in particolare il ruolo  del tutto preponderante di Wolfang Amadeus Mozart rispetto a questo gruppo di uomini animati tutti dallo stesso spirito. Mozart compose la parte musicale dal Maggio a Settembre 1791, considerando  che egli lasciò questo piano il 5 Dicembre dello stesso anno; è dunque una delle sue ultime composizioni seguite solo dal Requiem che non ultimò, e da una cantata massonica "elogio dell'amicizia". La direzione di questa cantata il 16 Novembre alla sua Loggia fu l'ultima manifestazione della sua carriera musicale, e il grande successo in mezzo ai suoi fratelli gli dà lo slancio per vivere ancora un po'  e per tentare di finire il  Requiem, ma è soltanto un breve respiro, perché riprende la sofferenza, la malattia  e arriva la morte. Mozart dimostrò tutta la sua formazione iniziatica, una forza serena in questi ultimi passaggi della sua esistenza. Quattro anni prima Mozart scriveva a suo padre, anche lui massone,  «La morte, è lo scopo ultimo e vero della nostra esistenza per cui da un po’ di anni sto familiarizzando con con questa vera e migliore amica dell'uomo, al punto che la sua immagine non ha più niente di spaventoso per me,  ma al contrario  è molto tranquillizzante e consolatoria ed io ringrazio Dio di aver avuto la fortuna  e procurato l'occasione di conoscerla come la  chiave  della vera felicità».

All'inizio dell'anno Mozart era già molto indebolito. La miseria in cui si dibatteva costantemente, gli impose numerose privazioni, che minarono le  sue forze fisiche. Si trovò costretto a chiedere continui prestiti  al suo amico e fratello di Loggia Putschberg,  e malgrado la generosità di quest'ultimo, Mozart si sentiva molto umiliato. La sua musica era considerata all'epoca inacessibile ad un semplice amatore, per cui gli ordini erano rari e fatti per occasioni particolari da qualche taverniere.

La moglie che aspettava un altro figlio e che necessitava di cure, si allontanò da casa ed i due sposi si trovarono separati.  Alle tenere lettere del marito, Costanza, leggera e frivola,  rispondeva qualche frase amabile, ma fredda, non realizzando e comprendendo il valore e  la genialità  del marito, se non dopo il secondo matrimonio, contribuendo il nuovo sposo a mettere in evidenza  tutta l'opera di Mozart quindici anni dopo  la sua morte. Per cui bisogna immaginare la vita del musicista, priva di un reale affetto coniugale, ammalato,  obbligato a dare qualche lezione per poter sopravvivere, e nel contempo  assediato da debiti. Proprio in questo periodo gli viene offerta la possibilità di scrivere un'opera in cui può finalmente esprimere tutta la sua nobiltà d'animo, la sua generosità; si innamora subito di questo progetto e fa nascere il Flauto Magico, opera piena di Luce e di Speranza.

Normalmente Mozart parlava a lungo con la moglie Costanza dell'opera alla quale lavorava, ma non per il Flauto Magico, per il quale si impose la regola del silenzio per concentrarsi  tutto sull'energia  che  nasce dal centro del suo essere, e considerando che il suo corpo già così fragile non avrebbe potuto sostenere a lungo un'anima così ardente, per cui Mozart desiderò  lasciare al mondo una testimonianza della sua fede nell'umanità, dimostrandosi desideroso di Luce, e incitando a trovare questa Luce ai suoi fratelli attraverso la via iniziatica. Più che in tutte le altre opere, nel Flauto Magico la musica e le parole si sposano intimamente, dando forza alle parole, dando loro vita. Fino al suo ultimo respiro Mozart si risentì del fatto che il Flauto Magico a teatro non avesse avuto una grande accoglienza, e non per vanità personale, ma perché  egli provava una gioia intensa nel sapere che in una sala del Teatro  del Faubourg di Vienna degli ‘uomini di buona volontà’ rispondevano all'invito di costruire un Tempio alla Saggezza alla Forza  e alla Bellezza.  Per questo motivo anche mentre era in agonia e sapendo che quella sera  il Flauro Magico era rappresentato, guardando l'orologio lo si sentiva mormorare: "Ecco adesso Papageno entra in scena", e mentre lui soffriva  moribondo, contemporaneamente gioiva all'idea che Uomini di Desiderio ascoltassero e capissero la sua opera ben amata.

L'Opera inizia con le grida di aiuto di Tamino, costui inseguito da un enorme serpente, spossato, sviene. In quel momento appaiono tre dame vestite di nero, e con le loro spade dalle punte d'argento  atterrano il dragone (drago + pitone). Di ciò loro vanno a riferire alla Regina Della Notte, loro padrona. Vestito di piume, nelle sembianze dell'uomo uccello, Papageno entra in scena ed in cambio del bere e del mangiare, egli dona degli uccelli alla Regina della Notte. Tamino si risveglia vede il serpente morto ai suoi piedi e pensa che sia Tamino il suo salvatore, costui ben se ne guarda dal contraddirlo ed al contrario si avvantaggia dell'equivoco.

Ritornano le tre dame che puniscono  il mentitore e gli chiudono la bocca con un lucchetto. Esse portano da parte della loro padrona a Tamino il ritratto di Pamina, sua figlia, ritenuta prigioniera dell'Incantatore Sarastro.  Tamino che è rimasto colpito e commosso dal ritratto, giura di liberare la fanciulla.

Preceduta da tre coppie di  fulmini, arriva la Regina della Notte, che promette a Tamino la mano di sua figlia, se egli riuscirà a liberarla.  Le tre dame gli donano allora un Flauto Magico, talismano che dovrà  sostenerlo durante le prove, e tolgono il catenaccio a Papageno, dicendogli che dovrà  accompagnare Tamino nella sua spedizione, e a loro vien detto inoltre che tre giovani, belli, gradevoli, e saggi mostreranno loro il cammino.

La scena dopo siamo presso Sarastro  dove Pamina, respinge le attenzioni lubriche del Moro Monostatos. Tentando di fuggire, Pamina sviene. Interviene Papageno che, avendo fatto fuggire Monostatos, rivela a Pamina che tra breve Tamino verrà a prenderla. E nell'attesa essi si allontano tutti e due nei giardini.

La scena si svolge di fronte a tre Templi, e su ognuno si può leggere: Tempio della Natura, Tempio della Ragione, Tempio della Saggezza. Tamino arriva e dopo aver bussato invano ai primi due Templi, si apre improvvisamente la porta del Tempio della Saggezza. Ne esce un vecchio prete il quale chiede a Tamino cosa sta cercando, e lui risponde: "L'amore e la virtù". Impossibile, risponde il vecchio prete, perché la vendetta brucia in te, ribadisce ancora e chiede: «Perchè odi Sarastro?» «Perchè ha rapito Pamina a sua madre» risponde Tamino. «Ciò è vero, risponde il vecchio prete, ma per delle ragioni che tu ignori. Quando la mano dell'amicizia  t'introdurrà qui, tu capirai la verità». Rimasto solo Tamino suona il suo flauto per Pamina.

Costei appare, seguita da Papageno, poichè Monostatos li sta inseguendo. Infine, su un carro tirato da sei leoni, appare Sarastro.Tamino e Pamina sono subito nelle braccia l'uno dell'altra, mentre Monostatos viene punito a bastonate. Pamina non sarà ancora libera, ma Tamino e Papageno, col volto velato vengono sottoposti a varie prove, al fine di essere purificati. 

Al secondo atto vediamo sfilare il collegio dei diciotto sacerdoti che vanno a sedersi davanti a una piramide, al centro di un boschetto di acacie. Sarastro  dichiara che Tamino si presenta con un cuore generoso per ricercare ciò a cui hanno votato la loro vita. Sarastro invia l'Oratore ad istrure il postulante e termina invocando Iside ed Osiride. Nel vestibolo del Tempio, Tamino  interrogato da due Sacerdoti, dichiara di aspirare  alla conoscenza ed alla saggezza, Papageno, desidera invece una piccola donna gentile. Ad entrambi viene loro imposto di mantenere il silenzio e poi sono lasciati soli. Arrivano le tre dame che riescono a far parlare Papageno, ma non Tamino, ligio al giuramento. Esse spariscono  allorquando i sacerdoti vengono a ricercare i due compagni per sottoporli ad altre prove.

La  Regina della Notte che si è introdotta furtivamente, dà a Pamina un pugnale, per uccidere Sarastro. Lei stessa è impotente  in quei luoghi, perché il suo sposo morendo le lasciò i tesori temporali, ma diede a Sarastro il Settuplice Cerchio Solare.

La Regina della notte sparisce e Pamina va a supplicare Sarastro di risparmiare sua madre, ma quest'ultimo non conosce la vendetta.  Ritroviamo ora Papageno e Tamino che continuano a mantenere il silenzio, dovendo essere sottoposti ad altre prove.  Papageno respinge le avances di una orribile vecchia che  pretende avere 18 anni, mentre invece Tamino attira Pamina col suono del suo flauto, la  quale non comprende il motivo del silenzio del suo innamorato, e si allontana disperata. Solamente Tamino  che ha superato le prime prove con fermezza, sarà ammesso a continuare, e ciò viene annunciato da due sacerdoti.  Papageno nel frattempo  promette tenerezza e fedeltà alla vecchia che si trasforma  all'istante in una attraente Papagena. In un'altra scena vediamo tre giovani impedire a Pamina di uccidersi con lo stesso pugnale di sua  madre, e poi interviene un sacerdote che la tranquillizza e la rassicura  della fedeltà di Tamino.

In un'altra scena due sacerdoti sorvegliano l'entrata dei sotterranei del Tempio. Chiunque avanzi su questo cammino e non temerà la morte, verrà purificato dalla Terra, dall'Acqua, dall'Aria e dal Fuoco e risorgerà allora dalla terra verso il cielo. Tamino si presenta allora con  una forte risoluzione, raggiunto dall'amata Tamina, che decide di accompagnarlo nelle ultime prove. Lei gli racconta allora l'origine del Flauto Magico, eredità di suo padre, antico Maestro di una Fraternità Solare, che intagliò il flauto dalla radice di una quercia antica, in un'ora incantata, fra tuoni, fulmini e tempesta. Tamino suona allora il flauto ed in quel momento si scatenano le forze dell'astrale, fiamme, ombre, bagliori si sprigionano, ma Tamino e Pamina, protetti in una invisibile piramide di energia, rimangono imperturbabili.


Per l'ultima volta vediamo Monostato che si è alleato con la Regina della Notte, la quale  con tre persone del seguito  tenta un ultimo attacco  contro il tempio. Ma in quel momento sorgono in piena gloria Sarastro, Tamino, Pamina, nella sacralità del santuario. I complici ritornano nel loro tenebroso reame, sovrastati da un terribile fracasso, e da tre potenti tuoni. È il trionfo delle tre colonne massoniche esaltate dal cuore degli Iniziati: Forza, Saggezza, Bellezza. Sorge il sole e Tamino e Pamina in veste sacerdotale entrano in scena formando un triangolo.

In tutta l'opera c'è il trionfo dell'armonia delle corrispondenze tra  tono, simbolo, colore, idee. La tonalità più importante nel Flauto Magico  è il mi bemolle maggiore, ed il suo biografo, Jean Massin contemporaneo di Mozart,  spiega che questa è la tonalità massonica per eccellenza; ma anche se questa affermazione è verificabile e discutibile, tutti i musicisti sanno che il mi bemolle maggiore è un suono solare e luminoso, e nel Flauto Magico è proprio associato all'idea della Luce. L'opera inizia con questa tonalità e con questa finisce, e sempre in questa tonalità  che Tamino, ammutolito d'amore dopo aver visto il ritratto di Pamina, si sente ardere dal desiderio, condizione essenziale per ogni progresso sul sentiero iniziatico, e da quel momento tutte le sue forze sono dirette verso la Luce, sempre sulla tonalità del mi bemolle maggiore ed è sempre su questa tonalità che Pamina invoca l'amore, principale forza evolutiva dell'uomo,  e ancora su questa tonalità che i tre servitori di Sarastro celebrano la vittoria dell'Aurora sulla notte.

Ancora nella tonalità del  mi bemolle maggiore si esegue la grande scena finale  dove gli Iniziati accolgono Pamina e Tamino nel Tempio del Sole cantando "per voi risplende un nuovo giorno, senza più ombra ne velo, poiché qui dove il cielo è sempre lieto, vi si riserva Bellezza, Saggezza, Amore... per l'eternità".

Quando entra in scena la Regina della Notte, per la prima volta entra in scena  presentandosi come una madre  disperata, che promette generosamente  la mano della propria figlia a chi saprà  strapparla dalle grinfie di Sarastro; per un attimo  la Regina della Notte  assume una personalità  benefica ed in quel momento Mozart usa la tonalità del si bemolle maggiore, la tonalità più vicina al mi bemolle  che è quella della vera luce,  e si accentua l'aspetto artificiale di questo personaggio con  una musica piena di vocalizzi, il famoso picchettato, in uno stile piuttosto italiano e ben lontano dallo stile germanico del resto dell'opera, cioè scevro da fioriture vocali e melodiche.

La Regina della Notte compare poi la seconda volta, questa volta  in tutto il suo ruolo di polo negativo del dualismo espresso dall'antagonismo Sarastro - Regina della Notte, e anche la musica  riprende questi toni minori  che si ascolteranno anche nelle successive apparizioni della Regina della Notte, quando verrà inghiottita nelle viscere della terra assieme alle sue seguaci, accompagnata da un un chiassoso do minore.

Per quanto riguarda Papageno, quest'essere agreste, mezzo animale e mezzo uomo, canta invariabilmente in  sol maggiore, tonalità che i musicisti hanno sempre riconosciuto come  primitivo ed agreste. Anche la scenografia  è su questo tono quando c'è Papageno che anima l'azione. L'eccezione avviene quando Papageno si eleva al livello di un amore umano e spera di incontrare  una donna semplice e gentile, per amarla ed essere felice con lei rallegrato da numerosi figli, in quel momento  c'è un fa maggiore, che non è la vibrazione trasmessa dalla Luce dell'Iniziazione, ma ma è la vibrazione nelle quali si sono svolte tutte le scene massoniche rituali. Si arriva sino al  do maggiore ,  che Mozart utilizza proprio quando il Flauto fa udire il suo suono Magico, che diventa un vero e proprio talismano che gli permette di superare  tutte le prove. Nella prima scena, Tamino alle prese col Guardiano della Soglia, rappresentato dal serpente, non avendo ancora forze sufficienti per vincere le prove, sviene. Questa scena si sviluppa in do minore, tono della negatività e della passività.  Le tre dame che accompagnano la Regina della Notte, uccidono il Dragone. La loro azione in quel momento assume una connotazione positiva sottolineata da un mi bemolle.

Esaminiamo adesso il momento in cui Tamino assieme a Pamina  passano le prove della Terra, dell'Acqua, dell'Aria,  del Fuoco, sono qui accompagnati da un  do  Minore, ed è il momento in cui attraversano gli inferi, attraversano gli aspetti negativi dei quattro   principi dell'Universo, Tamino mentre attraversa queste zone oscure imbocca il suo Flauto Magico e l'opprimente  do minore si trasforma in un calmo e radioso do maggiore attraverso la vibrazione simbolo della sua elevazione spirituale.

Ed è in questa vibrazione che Tamino e Pamina avanzano cantando, il do maggiore simbolo dell’emanazione di colui che dopo aver purificato se stessi col lavoro, l'amore e le prove, si avvia sul cammino della Reintegrazione.

Abbiamo trovato nell'opera tre principali personaggi maschili: Sarastro, Tamino e Papageno, e ne constatiamo tre tipologie diverse nell'ottica di un'ascesi spirituale; Papageno l'uomo  che vive nell'istinto della sua natura; Tamino, l'uomo di desiderio ed infine Sarastro, l'uomo spirito. Ciascuno col proprio grado di evoluzione. Per Papageno la massima evoluzione sarà l'unione col suo complementare femminile e la perpetuazione della sua razza. Per Tamino sarà l'ammissione nel Sacro Santuario Solare tramite l'iniziazione, e per Sarastro, l'atto di trasmettere la Luce Spirituale all'uomo di desiderio, e ciò tramite il suo potere di Iniziatore. Papageno invano cercherà di accompagnare Tamino nel suo cammino iniziatico ma la sua ignoranza gli impedirà il "Sapere", la sua incostanza di "Volere", la sua ignavia gli impedirà di "Osare" ed il chiaccherare gli impedirà il "Tacere" e malgrado tutta la sua  gentilezza e bonarietà, mancando di questi quattro importanti requisiti, non potrà varcare la soglia del Tempio.

Esaminiamo adesso la figura di Pamina, figlia dell'antico Maestro del Settuplice Cerchio Solare e della Regina della Notte, per cui troviamo l'angoscia della sua divisione in due mondi, il mondo oscuro della materialità, ed il luminoso mondo spirituale e divino; troviamo quindi nell' animo un profondo conflitto, che contrappone il regno di Sarastro e quello della Regina della Notte, conflitto che esiste in noi ed al di fuori di noi e che ha una fondamentale portata simbolica di tutto il Flauto Magico.

Esaminiamo adesso il nome Tamino che rispecchia il suo complementare Pamina, la contrapposizione dei due poli maschile-femminile, come esiste la contrapposizione cuore-spirito.

Tutto è dualismo, e termino questo piccolo  scritto ricordando ancora il dualismo del Regno della Notte e quello della fraternità del Cerchio Solare. Il Regno della Notte  sono le resistenze che ci impediscono di accedere immediatamente alle sfere spirituali più alte. Senza questi conflitti continui e continue opposizioni, noi non acquistiamo la Forza per ascendere, e trionfiamo solo combattendo ciò che si oppone alla nostra ascesi ed alla nostra evoluzione spirituale.


mercoledì 17 giugno 2015

La voce che cura. Il lavoro vocale e il canto armonico per riequilibrare il corpo e la mente


Mauro Tiberi

Domenica 28 giugno, dalle 10 alle 18, per la prima volta a Roma, da Spazio Interiore, il musicista, polistrumentista e ricercatore vocale Mauro Tiberi con il seminario La voce che cura - Il lavoro vocale e il canto armonico per riequilibrare il corpo, la mente e potenziare la persona. Attraverso vocalizzazioni, sillabazioni e tecniche di canto armonico lavoreremo per eliminare scorie fisiche e psichiche, correggere la postura, potenziare muscoli e spirito e, utilizzando forme antichissime di canto, impareremo a conoscere gli archetipi che animano il nostro essere. Info e iscrizioni qui..

A Taranto il primo Seminario di Studio del Rito di York



Si svolgerà a Taranto il prossimo 11 luglio il primo Seminario di Studio del Rito di York. Il seminario ha lo scopo di sviluppare ed approfondire le analisi intorno al simbolismo della ritualità. I relatori della tornata avranno il compito, con interventi brevi, di mettere a fuoco le ragioni ed il perché degli elementi presenti nei gradi di Maestro del Marchio, Eccellentissimo Maestro, e di Maestro dell’Arco Reale. Interverranno Mauro Cascio, Francesco Bernabucci, Guido Vitali, Massimo Agostini, Pino Neglia, Vitantonio Vinci, Emilio Attinà. Le conclusioni saranno del Sommo Sacerdote Tiziano Busca.

Rito di York: tradizione e futuro. Tornata congiunta a Brescia


Il Sommo Sacerdote Tiziano Busca

Il Capitolo La Culma di Bergamo e il Capitolo Brixia di Brescia organizzano una tornata a Capitoli Congiunti, alla presenza del Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell’Arco Reale - Rito di York Tiziano Busca. L’appuntamento è per martedì 23 giugno alle 20.30 presso la casa massonica di Bergamo. Tema della serata: «Rito di York: tradizione e futuro». Nella serata sarà ricordato anche Augusto Fornaciai e raccontato il suo insostituibile ruolo all'interno del Rito di York.

Un ponte tra oriente e occidente


Emilio Attinà

L’associazione culturale Le Concordia organizza per il prossimo 27 giugno alle 9.30 presso il cine teatro Odeon il convegno «Un ponte tra oriente e occidente, tra rischi globali e prospettive nello scacchiere del mondo». Interverranno Massimiliano Ferrara, docente al’Università Mediterranea di Reggio Calabria (“Geopolitica e Sicurezza nell’area del Mediterraneo: quali scenari?”), Daniele Castrizio dell’Università di Messina (“Un Dio di pace nell’intero mediterraneo), Zouhairi Abderraim, docente di Filosofia del pensiero islamico moderno dell’Università di Rabat, in Marocco (“Islam, pensiero islamico e Isis o terrorismo?”), il sociologo Tiziano Busca (“Il diritto alla felicità: la ragione della migrazione e della rivendicazione della libertà”). Sarà anche un'occasione per ricordare Augusto Fornaciai, recentemente scomparso. Saluti e Conclusioni di Emilio Attinà, presidente dell’Associazione La Concordia.

La tradizione iniziatica Occidentale: storia e simboli

Cristiano Turriziani con Giordano Bruno Guerri a Libri da Scoprire

«La tradizione iniziatica occidentale: storia e simboli» è il tema di un simposio che si terrà a Latina con Cristiano Turriziani, autore del volume «Massoneria e Orgonomia. I centri di consapevolezza nell'ordine e nel segno dei gradi simbolici e dell'Arco Reale» (Tipheret, collana De Lantaarn). Turriziani è laureato in Filosofia presso l'Università di Cassino ed è dottore di ricerca nella stessa università. Proprio durante il dottorato ha intrapreso non solo lo studio dell'Orgonomia, quanto una fase sperimentale sull'utilizzo di dispositivi orgonici. Ha partecipato a convegni e dibattiti sulla psicologia junghiana e su quella lacaniana, prendendo parte a seminari di filosofia teoretica tenuti da Massimo Donà, Massimo Cacciari, Paolo Bonetti. A Latina ad introdurlo sarà il filosofo Mauro Cascio. Parteciperà anche il Gran Sacerdote del Capitolo De Lantaarn Michele Polini e porterà i saluti il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale Tiziano Busca. Appuntamento il 30 giugno alle 20.30, presso La Pucceria in via Carducci.

Compra il libro

L’ayahuasca nella tradizione degli sciamani



L'ayahuasca (parola che in lingua quechua significa "liana degli spiriti") è un'infusione psicotropa di tradizione millenaria considerata sacra da milioni di persone indigene in tutto il bacino della foresta amazzonica. Walter Menozzi – il maggior esperto italiano sull’argomento – domani alle 19.30, ci guiderà in un viaggio alla scoperta delle proprietà curative di questa pianta sacra e del suo utilizzo nella religione ayahuasquera del Santo Daime. Durante la serata saranno mostrati dei video sulla preparazione della bevanda sacra e si eseguiranno degli Inni della tradizione del Santo Daime. Ingresso 5 euro. Iscrizioni qui.
L’esplorazione delle qualità di questa pianta maestra proseguirà il 24 giugno, alle 19.30, con l’incontro L’ayahuasca nella tradizione degli sciamani Shipibo, in cui verrà presentato Nii Juinti, un progetto che ha l’obiettivo di riconnettere le nuove generazioni Shipibo con la tradizione sciamanica attraverso gli insegnamenti degli anziani sciamani in una scuola-convitto costruita appositamente nel cuore della selva amazzonica. L’intento è quello di non disperdere la conoscenza millenaria delle piante medicinali, delle piante maestre e di potere. Ingresso libero. Info e iscrizioni qui..

Successo per il Clan Sinclair a Napoli



Un altro grande appuntamento firmato Clan Sinclair in una cornice magica, come quella napoletana. L’occasione per tornare a parlare di una storia culturale e spirituale ben innestata ormai nella colonna vertebrale dell’Occidente ma anche per soffermarsi su un importante evento editoriale, come la pubblicazione, per i tipi della Stamperia del Valentino, del primo libro di Laura Miriello, «Sulle tracce dei Templari». La soddisfazione per questo nuovo successo del vicepresidente Massimo Agostini e del presidente del Clan in Italia Tiziano Busca.

Ascolta la conferenza

martedì 16 giugno 2015

Un testo antimassonico del 1867

di Marco Rocchi



Un interessante testo antimassonico del 1867, dal titolo "Il Vangelo e la Massoneria":

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Uno dei cardinali che assolsero gli ultimi templari era di Sorrento



La storia culminata con la tragica fine dei templari si arricchisce con una sensazionale novità grazie alla scoperta della vera identità di uno dei tre cardinali che concessero l’ assoluzione a Jacques de Molay (ultimo Gran Maestro dei cavalieri rossocrociati) e degli uomini che ricoprirono le più alte cariche dell’ Ordine prima di finire sui roghi di Parigi e prima della definitiva scomparsa dei templari stessi. A dispetto di quanto quasi unanimemente si è ritenuto fino ad oggi, infatti, a concedere loro la remissione dei peccati, per delega di Papa Clemente V, – assieme a Bérenger Frédol, cardinale prete del titolo dei Santi Nereo e Rocco e ad Etienne de Suisy, cardinale prete del titolo di San Ciriaco in Therminis – non fu il Cardinale Landulfo di Sant’ Angelo appartenente alla famiglia dei Brancaccio di Napoli, ma il cardinale diacono di Sant’ Angelo in Pescheria, Landulfo Vulcano (anzi Bulcano) di Sorrento.

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Il Tempo per Martinez de Pasqually



«Il mondo è stato fatto con il tempo e questo tempo è cominciato con il mondo attraverso la volontà di Dio, senza che Dio cambi il suo consiglio eterno e la sua volontà immutabile; non ci sarebbe tempo se non ci fosse la successione di creazioni create, in quanto ciò che fa il tempo, è la successione ed il movimento delle cose create che si fanno posto le une alle altre. Dunque il mondo ed il tempo datano della stessa epoca; il movimento del mondo genera il tempo che è la misura del movimento e del riposo».
(da "Il Manoscritto di Algeri")

lunedì 15 giugno 2015

Un'analisi comparativa tra il rituale scozzese e il rituale emulation

di Marco Rocchi



Una bella analisi comparativa, ad opera del Fratello Bruno Valentini della R.L. Gaetano De Rose 1391 Or.Cosenza, tra rituale di matrice Scozzese (quello di norma adottato dalle Logge del GOI) e rituale Emulation (che comunque all'interno del GOI conta attualmente oltre 40 Logge):

La sindone: Gerusalemme I secolo d.C. Archeologia e riti funerari



Martedì 16 giugno alle ore 18, presso l'ex teatro di Palazzo Saluzzo Paesana (via Bligny 2 angolo via Garibaldi), si terrà la conferenza dal titolo "La sindone: Gerusalemme I secolo d.C. Archeologia funeraria e riti", organizzata da Rmf Ideas Factory in collaborazione con il Centro Studi Petrie. L'iniziativa, che vedrà la partecipazione in veste di relatore di Generoso Urciuoli, archeologo torinese specialista in cibo antico e membro del Centro Studi Petrie, sarà inserita nel contesto della mostra fotografica di Marco Ansaloni "Imago- Il Viaggio della Sindone", allestita sino al 21 giugno negli spazi dell'Ex Teatro di Palazzo Saluzzo Paesana.

Siena francigena, trekking sulle tracce dei Templari



Un tuffo nel passato per calarsi nei panni di antichi pellegrini e percorrere il tratto senese della Via Francigena, da Porta Camollia a Porta Romana, facendo tappa in uno degli ospedali più antichi d’Europa: il Santa Maria della Scala. È questo in estrema sintesi, il cuore del progetto #SienaFrancigena, il trekking urbano che prenderà il via ogni domenica, da giugno al primo novembre e si snoderà nel centro storico, toccando alcuni luoghi tra i più suggestivi e meno conosciuti della città, accompagnati da una guida abilitata. Siena è, da sempre, una tappa fondamentale della Via Francigena, tanto da essere stata ribattezzata dallo storico Ernesto Sestan figlia della strada. Nel Medioevo, infatti, la città era tra le più ricche e popolose in Europa e offriva ai viandanti la possibilità di trovare ristoro e cura. Oggi come allora, il tracciato di #SienaFrancigena all’interno delle mura inizierà da Porta Camollia sulla quale domina lo stemma mediceo con l'iscrizione Cor magis tibi Sena pandit (Siena ti apre il cuore più della sua porta), simbolo dell'ospitalità senese. L’itinerario continua verso San Pietro alla Magione, la casa dei Templari e poi dei Cavalieri di Malta, a cui la Chiesa è ancora legata, dove sarà possibile riscoprire il contesto in cui venivano accolti i pellegrini e ascoltare la storia dell’Ordine dei Templari..

L’evoluzione del modello esistenziale dalla Teoria alla Pratica: la Consulenza Filosofica, tra Arte e Scienza



Mercoledì 17 giugno presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a Napoli in via Monte di Dio, si terrà il convegno organizzato dall’ISUE (l’Istituto di Scienze Umane ed Esistenziali) dedicato alla Consulenza Filosofica e più in generale alle pratiche filosofiche intitolato «L’evoluzione del modello esistenziale dalla Teoria alla Pratica». Interverranno tra gli altri, dopo i saluti di Anna Desiato, Guido Traversa (“Metafisica degli Accidenti”), Ferdinando Brancaleone (“L’antropologia neo-esistenziale: ambiti e competenze”), Gianfranco Buffardi (“Reportage da Londra: psicoterapia e counseling esistenziale da tutto il mondo”) e l’Associazione Organon (“La filosofia segue la vita: non è una via retta”).

venerdì 12 giugno 2015

Il castello di Urquhart e il Mostro di Lock Ness

di Valentina Marelli



Più di 200 milioni di anni fa un grandioso movimento della crosta terrestre diede origine alla Glen mor, “la grande vallata”. Migliaia di anni fa la vallata su scavata e levigata dall’azione dei ghiacciai e sul fondovalle si formarono quattro grandi laghi (loch): Linnhe, Lochy, Oich e Ness. Il Loch Ness è di gran lunga il più grande e si ritiene che le sue acque, scurite dalla torba, raggiungano la profondità di oltre 240 metri La vallata Glen Mòr collega l’Argyll e le isole occidentali con Inverness e le regioni nord-orientali ed è sempre stata un’importante via di comunicazione. Per oltre duemila anni il promontorio roccioso su cui sorge il castello di Urquhart ha avuto un’enorme importanza strategica perché ambiva a controllare la Druim Alban, come veniva chiamata in tempi antichi, cioè “la spina dorsale della Gran Bretagna”.

Il castello di Urquhart fu un centro di potenza tra i più importanti. Resistette a numerose azioni nemiche, e venne riparato e ricostruito in continuazione. Ma era anche la residenza di un nobile, ed i vari proprietari che si succedettero nel tempo fecero sempre il possibile per migliorare i propri quartieri di abitazione. La trasformazione di maggiore portata fu lo spostamento del “cuore” del castello – i quartieri privati del signore feudale e della consorte – dalla parte alta, la sommità, nella metà meridionale, alla zona meno elevata, di più comodo accesso e meno esposta che si trova nella metà settentrionale. Questo cambiamento radicale sembra essere avvenuto nel XIV secolo. Purtroppo la maggior parte dei conci di pietra che fungevano da stipiti di porti, finestre e caminetti, vennero in seguito saccheggiati e riutilizzati altrove nella vallata. Ci restano perciò pochi particolari architettonici che ci permettano di datare le varie parti di questo complesso in rovina, fatta eccezione per quelli della torre Grant. Il promontorio roccioso che si protende nelle gelide e profonde acque del Loch Ness su cui sorgono le imponenti rovine del castello di Urquart ha ospitato personaggi dai nomi famosi. San Colombano vi venne in visita con intenti di pace al 580 dC.. Non altrettanto fede Edoardo I di Inghilterra “il Maglio degli Scozzesi”, che si impadronì del castello del 1296 nel tardo medioevo i Macdonald, signori delle isole, attaccarono ripetutamente la vallata, e governarono dal castello con pugno di ferro. Quanto oramai i giorni di Urquhart come nobile sede dei capi dei Grent volgevano al tramonto, il castello continuò a dimostrarsi una valida roccaforte. Presidiato dalle truppe per l’ultima volta nel 1689, si dice che l’imponente corpo di guardia sia stato fatto saltare per far sì che il castello non potesse mai più diventare una roccaforte militare. Sotto le macerie venivano sepolti più di 1500 anni di storia appassionante. 




Oggi chi visita il castello di Urquhart non solo desidera vedere le rovine di un castello medioevale un tempo possente, ma cerca di avvistare il famoso mostro di “Loch Ness”. Per molto tempo ai laghi delle Highlands sono stati associati racconti di mitiche bestie acquatiche. Tuttavia l’avvistamento di un mostro sul Loch Ness o nelle sue vicinanze fu documentato per la prima volta ai tempi di Colombano. Il suo biografo, Adomnan, così descrive questo indimenticabile momento della vita del santo:

«Quando Colombano giunse sulla riva del fiume vide che stavano seppellendo un povero uomo; e quelli che lo seppellivano dissero che mentre nuotava era stato afferrato ed azzannato ferocemente da una bestia acquatica. Nonostante questo il santo ordinò a Lugne, uno dei suoi seguaci di raggiungere a nuoto la riva opposta e di riportare una barca. Lugne obbedì senza esitare, ma il mostro emerse improvvisamente alla superficie e con le fauci spalancate ed un tremendo ruggito si diresse verso l’uomo in mezzo alla corrente. Mentre tutti i presenti erano impietriti dal terrore, il santo sollevò la mano benedetta ed ingiunse alla bestia: “Non toccare quell’uomo, torna immediatamente indietro”. La bestia, come fosse tirata indietro da funi, terrificata, si dileguò rapidamente». 

Da allora sulle rive del lago si avvicendano curiosi che cercano, ed a volte sono convinti di averlo visto, il nostro Nessy.