giovedì 19 marzo 2015

Joan Mirò e l’Impulso Creativo. Il simbolismo della Massoneria insito in ogni fase creativa

di Valentina Morelli



Joan Mirò fa parte di quel parterre di artisti di difficile definizione data la complessità delle sue opere e la repentina maturazione che ha avuto nel corso della sua vita artistica che lo hanno portato a realizzare quadri molto diversi tra di loro, in generale è stato definito il padre di una corrente artistica denominata Surrealismo.

Nasce a Barcellona il 20 aprile del 1893 e muore a Palma de Maiorca il 25 dicembre del 1983 cominciò a disegnare all’età di 8 anni e come tutti gli artisti intorno agli anni 20 del 1900 si trasferì a Parigi dove conobbe Picasso e dove cominciò a collaborare con Max Ernst per la scenografia di Romeo e Giulietta. Ma solo nel 1954 raggiunse la completa maturazione stilistica e la celebrità quando vinse il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 vinse il Premio Internazionale Guggenheim. A tutt’oggi è possibile ammirare parte delle sue opere al Peggy Guggenheim Museum di Venezia.

Di questi artisti è sempre complesso avere certezza di una loro appartenenza a logge massoniche o meno, certo è che frequentava gli stessi ambienti di Guillame Apollinaire, Jean Cocteau e delle avanguardie parigine che condividevano una certa e ben specifica cultura.
È ugualmente vero che per predisposizione gli artisti, siano essi pittori o scultori e quant’altro, hanno una tale apertura mentale da renderli idonei a recepire idee che poco si sposano con il conformismo e con il dogma.
Per definizione gli artisti condividono con i massoni questa continua ricerca di senso, e questo rapporto di osmosi tra l’interiorità del mondo delle emozioni e l’esteriorità del rapporto con gli altri. È in questa ricerca di senso che il dubbio e l’introspezione diventano il motore della loro arte, che si concretizza e manifesta in modi diversi adattati alle contingenze.

Siamo abituati a ragionare sulla Massoneria in termini quasi esclusivamente legati all’istituzione e poco in termini di insieme di concetti e valori e metodologia di pensiero, che sono quelli che hanno permesso la nascita dell’istituzione. Per questo motivo è molto facile trovare individui che pur non appartenendo all’Istituzione ne condividano in qualche modo i valori. All’apparenza i suoi quadri poco hanno a che fare con concetti massonici e poco richiamano immagini che comunemente associamo alla massoneria, ma se andiamo a studiarle facendoci aiutare dalle parole dello stesso Mirò ci accorgiamo che la nostra impressione cambia; proviamoci.




L’Impulso Creativo


Un impulso è una forza interiore che favorisce il movimento, ma è anche un desiderio che spinge chi lo prova a realizzare qualcosa.  Questi due elementi, la forza interiore ed il desiderio, sono il filo conduttore che del processo creativo di Joan Mirò, unitamente alla continua e necessaria ricerca per la liberazione totale da tutti i vincoli convenzionali. Il processo creativo di Mirò era scatenato da quella che egli stesso definiva “Tensione dello Spirito”, e che veniva a crearsi in una determinata atmosfera evocata da vari fattori o situazioni. Mirò era consapevole del proprio stato spirituale nel momento in cui creava, uno stato che potremmo definire Estatico. Era riuscito a concretizzare, o se vogliamo dirla meglio, a dare una immagine allo stato Estatico nelle sue opere, e tale stato è la pulsione che da sempre spinge l’Uomo a tendere verso il Divino. Questo tema è stato magistralmente toccato dal Filosofo Mauro Cascio in un libro dal titolo “Al Divino dall’Umano”, in cui, molto meglio di come potrei fare io adesso ripercorre le tappe di questa elevazione dello spirito.

Questa è la prima caratteristica che già ci fa amare questo artista e che ce lo fa vedere sotto una luce un po’ diversa: La creazione trasforma l’uomo e gli fa sprigionare una forza in grado di muovere l’intero universo. Questa era l’immagine che Mirò aveva dell’essere umano.

Nella sua maturazione pittorica Mirò decise di abbandonare la vivacità del colore per adottare il Nero come unico colore. Motivò questa decisione spiegando che il Nero era ritenuto da Jung il colore delle origini, dei principi cosmici, del tempo e della profondità dell’Universo.




Vorrei spiegare a chi vede i miei lavori perché essi sono così, perché ho deciso di aggrapparmi alla vita segreta delle cose, e come, a poco a poco ho eliminato tutte le realtà esteriori per giungere al Segno che è un Ideogramma. Joan Mirò

Lasciatemi per un momento compiere un azzardo; intravedo in Mirò un atteggiamento molto simile a quello degli scalpellini o dei costruttori delle grandi Cattedrali per la comune importanza attribuita al Simbolo, la creazione di un simbolo che racchiuda un significato molto ampio era la maniera più comoda e veloce per veicolare dei contenuti. Ecco anche se i contenuti veicolati da Mirò non hanno una matrice prettamente esoterica credo possa essere utile per capire la portata di altri elementi e il significato di concetti prettamente esoterici. Ci spiega in altri termini e da un altro mondo un meccanismo insito nell’essere umano e le sue opere possono essere uno strumento complementare per poter comprendere appieno concetti mutuati da un ambiente Massonico che di costellato di Simboli e Segni.

Chi volesse divertirsi in questo esercizio trovando chissà, anche spunti di riflessioni interessanti può visitare la mostra a Palazzo Te a Mantova fino ai primi di Aprile..