giovedì 31 luglio 2008

Cerimonia d' istallazione State Italy Order DeMolay



Carissimi Fratelli,

è con grande gioia che Vi comunico il rinnovo delle cariche dello Stato Jiurisdiction Italiano per l’anno 2008/2009. Esse sono state da me designate e approvate: l' istallazione avverrà il giorno 21 settembre 2008 durante la cerimonia che si svolgerà presso l’Hotel Anagnina di Roma, come da comunicazione del programma dei giorni 20 e 21 settembre 2008.

Vi prego di essere tutti presenti alla cerimonia per augurare a tutti un buon inizio ed un proficuo lavoro.

I Carissimi Active DeMolay designati sono:

State Master Council italiano Paolo Morreale Charter Fortitudo di Palermo

Deputy State Master Council italiano Emanuele Siotto Pintor Chapter Militiae Templi di Cagliari

State Scriba italiano Marco Maria Granata Chapter Excalibur di Cosenza

Luciano Critelli Executive Officer for Italy Active Member


DeMolay International
10200 NW Ambassador Drive, Kansas City, MO 64153
lcritelli@demolay.it
www.demolay.org www.demolay.it

Sede Italiana
DeMolay Italia
Associazione Culturale

Via Longino Caio Cassio, 13 - 00175 Roma Italy

Che cos’è il DeMolay?


L’ordine internazionale del DeMolay nasce a Kansas City negli USA nel 1919 dalla nobile intuizione di Frak J. Land.

In quegli anni più di un giovane americano era rimasto orfano del padre caduto in Europa con le forze statunitensi che nel corso della I Guerra Mondiale furono determinanti per la sconfitta degli Imperi Centrali e la vittoria delle democrazie .

Frak J. Land, che pur non aveva avuto la felicità di essere padre, si trovò casualmente a conoscere uno di questi giovani ed iniziò ad aiutarlo facendosi suo punto di riferimento e spingendo il ragazzo a frequentare i suoi coetanei per sviluppare con loro attività adatte alla loro età che favorissero la crescita comune nel rispetto reciproco.

Ben presto il gruppo originario costituito da pochi ragazzi crebbe velocemente e Land chiese loro se intendevano mantenerne ristretto il numero o preferissero far partecipe di questa bella esperienza anche tutti gli altri giovani che lo avessero desiderato.

I giovani del gruppo originario votarono generosamente per ammettere al loro gruppo tutti i coetanei desiderosi di farlo.

Scelsero poi di chiamare il loro sodalizio “DeMolay”, con riferimento all’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Templari Jacques De Molay, perché colpiti dalla figura di quest’ultimo, così come essi l’avevano appresa dalla leggenda che lo vuole aver subito la tortura e la morte, resistendo ad ogni lusinga di impunità, pur di non tradire i suoi amici Cavalieri ingiustamente accusati, e quindi esempio di fortezza d’animo e di indefettibile amicizia fino all’estremo sacrificio.

L’originario gruppo dei fondatori sarebbe divenuto, con tumultuoso rapido sviluppo, l’Ordine Internazionale del DeMolay che nel tempo ha interessato decine di migliaia di giovani negli Stati Uniti e in altri numerosi stati nel mondo tra cui, da alcuni anni, l’Italia.

Frank J. Land era un Libero Muratore, come daltronde Baden Powel fondatore degli Scout, e chiese quindi alla Massoneria del suo paese, che entusiasticamente glielo diede, aiuto nella sua opera.

Da questo nacque la tradizione per cui ogni Capitolo DeMolay ha una Loggia “sponsor”.

La intuizione geniale di DAD Land (Papa Land), come lo chiamano tutti i giovani DeMolay, fu quella di proporre ai giovani non un elenco predeterminato di attività da seguire, come ad esempio avviene negli Scout, ma di fornire, il supporto per permettere che essi scelgano, all’interno di un quadro di saldezza morale, delle attività da svolgere in comune che siano consone all’età giovanile e si collochino fra quelle legittime dal punto di vista non soltanto legale, ma soprattutto morale.

A chi si rivolge il DeMolay?

I membri del DeMolay devono avere un’età compresa tra i 12 e i 21 anni e non devono possedere altre caratteristiche se non quelle di essere giovani disposti a socializzare con altri giovani come loro e più in generale a rispettare le comuni regole del vivere civile.

La presenza insieme di giovani appartenenti alla ampia fascia d’età dai 12 ai 21 anni, che coprendo gli anni che vanno dalla fine della infanzia a tutta l’adolescenza per sconfinare nella prima maturità, sembrerebbe un ostacolo al dialogo fra tutti i giovani, è invece da intendere come un patrimonio prezioso che consente ai piccoli di valersi dell’esperienza dei più grandi e a questi di responsabilizzarsi nel loro rapporto con i più giovani.

L’adesione al DeMolay per i minorenni è condizionata dal benestare degli esercenti la patria potestà.


Ma i giovani DeMolay sono lasciati a se stessi nella loro attività?

Certamente no.

Gli adulti, gli Advisor per utilizzare il linguaggio DeMolay, dopo avere passato una serie di vagli che garantiscano prima della loro affidabilità morale ed umana e dopo aver seguito una apposita formazione, sono il costante punto di riferimento dei giovani con la disponibilità continua e paterna che nel linguaggio DeMolay li fa definire DAD, perfettamente tradotto dalla parola italiana papà.

Va sottolineato che l’Advisor DeMolay non alcuna volontà di sostituirsi alle figure genitoriali, ma vuole, in totale accordo con queste, essere per i giovani il supporto alle legittime iniziative da loro proposte.

Come si svolge in concreto l’attività dei DeMolay?

L’attività dei DeMolay è organizzata operativamente in Capitoli istituiti con criterio geografico per permettere in concreto la frequentazione e le attività.

Le riunioni dei Capitoli sono plenarie e riservate agli appartenenti al Capitolo con la sola eccezione degli Advisor dello stesso, e si svolgono almeno due volte al mese.

Il territorio nazionale è attualmente diviso per comodità operativa in distretti Nord Centro Sud Sicilia e Sardegna.

Luciano Critelli Executive Officer for Italy Active Member


DeMolay International
10200 NW Ambassador Drive, Kansas City, MO 64153
lcritelli@demolay.it
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mercoledì 30 luglio 2008

In ricordo di Guido Malos


Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale in Italia - Rito di York Giuseppe Fabbri ci informa che il Fr.llo e Comp. Guido Malos si è incamminato per le Valli dell'Oriente Eterno e ci invia un fraterno ricordo di Guido (A.Duranti)

Del Capitolo “La superba – G.E.Aymar, n° 60 all’Oriente di Genova che, nel titolo distintivo, ricorda un altro straordinario Compagno purtroppo non più tra noi.

“E’ morto un Fratello, un Compagno, un Amico. E’ morto il Gran Maestro Sovrintendente del Gran Concilio dei Massoni Criptici d’Italia. Ha scelto l’ultimo giorno di giugno per andarsene, sommessamente con un sorriso, con eleganza come suo costume.”

Così avevo iniziato il mio pensiero di ricordo quando in un giorno d’estate del 2005 se ne era andato Alfonso Lisino.

Ieri, in un giorno d’estate di questo 2008, anche Guido se ne è andato, anche Lui sommessamente con un sorriso……., con eleganza. Troppo presto, dico io……, poteva aspettare un attimo……., così come dice la poesia:

L’ombra color lillà

La nostra via è tutta coperta di nevi

Sulle nevi fugge un’ombra color lillà

Ha solo sfiorato la finestra

Ed io ho compreso che l’amavo da tempo

Ed io l’ho pregata, l’ombra color lillà:_

“Sii mia ospite un attimo, nel mio angolo,

Oh, non per sciogliere la mia antica tristezza,

Ma perché tu condivida, o cara, la tua!”

Ma solo una risposta ho udito di lontano:_

“ Se mi ami, tu stesso troverai la mia traccia,

Dove sul gorgo azzurreggia il ghiaccio sottile;

Là terminata la corsa un poco io starò con te,

Ma nessuno ci ha visti presso la stufa.........

Sono miei solo i liberi e gli arditi”

da “Il cofano di cipresso” di F. J. Anneskij

Gli era piaciuto il ricordo che avevo scritto per Alfonso e quando, in un giorno d’autunno del 2007, se ne era andato Sergio Tanfani mi aveva pregato di scrivere qualcosa anche per Lui e così avevo fatto.

Il messaggio era subliminale, ma chiaro. Il benefico brontolone mi aveva dato un ordine da non trasgredire e ora, quindi, non posso che ricollegarmi a quanto scritto per Sergio: si sono inseguiti……., si sono raggiunti e ora, forse, camminano insieme nei Giardini di Jalu, dove, come credevano gli antichi egizi, i prati sono sempre verdi ed il grano è alto sei piedi.

Ci sono Fratelli-Compagni che ti restano nel cuore più di altri e questo non sarebbe giusto, però è così e non ci puoi fare niente, è più forte di te.

Ti ci riconosci perché ti rassomigliano, oppure perché sono già, più o meno consciamente, come vorresti essere tu, un giorno.

Eppoi accade che se ne vanno e tu ti senti solo……, sovente con la triste compagnia di un tardivo risveglio di coscienza. Ti domandi allora che cosa hai perso…., quali occasioni…., così come quando se ne andato tuo padre…., quante domande e risposte rinviate a domani per un domani che non ha più potuto esserci….

Ma così è la vita...... Non puoi non uccidere il Maestro!

La vita si appoggia su due colonne: la ricerca della verità, la conoscenza dell’errore.

L’Arco che unisce le colonne è la speranza.

Il Sommo Sacerdote del Gr. Capitolo dei LL.MM. dell’Arco Reale in Italia Giuseppe Fabbri il 28° giorno del Luglio 2008




Un nuovo libro di Lino Sacchi


Dopo la sua "Massoneria per principianti", Lino Sacchi pubblica adesso per Le Edizioni L'Età dell'Acquario le "Storie sorprendenti di Liberi Muratori", un'opera assai intrigante...

Cosa accomuna personaggi così lontani quali Cagliostro e Allende, Casanova e Gelli, Robespierre e Garibaldi, De Sade e Carducci ?

E che dire del fosco Dumini, che uccise Matteotti ?

E cosa hanno da spartire celebrità quali il conte De Maistre, Franklin e il librettista mozartiano Da Ponte con il mistificatore Leo Taxil o con Jean-Marie Gallot, oscuro prete di campagna ghigliottinato durante il Terrore ?

E' mai possibile mettere insieme la sventurata Maria Antonietta e la «plebea» e anarchica Louise Michel?

I 40 personaggi di cui si parla in questo volume hanno tutti avuto esistenze straordinarie e sorprendenti, chi più chi meno hanno lasciato una traccia nella storia, hanno infranto le regole condivise, il buon senso, la morale, a volte la legge, quasi sempre i precetti religiosi.

E tutti (probabilmente) sono stati Massoni.

Atipici, originali, anche bizzarri alcuni, di diseguale rispettabilità, ci aiutano a capire quel fenomeno misterioso che è la Massoneria.

Già ordinario di Geologia all’Università di Torino, Lino Sacchi ha collaborato con le principali riviste massoniche italiane: «Hiram», «Rivista Massonica», «L’Ipotenusa», «Il Laboratorio» e «Gradus».

Fonte Inf: Collegio Toscano)





Si è svolta lo scorso 8 giugno a Roppolo il 2° "Fratelli in Convivio". Grazie al Fr.llo e Comp. Enrico C. possiamo oggi darvi una sintesi della giornata (A.Duranti)

Roppolo 8 Giugno

Il Capitolo Iside n. 53, il Concilio Orus Aymar n. 26 e la Commenda Nova Militia n. 29 del Rito di York, che lavorano presso la casa massonica di Caselle Torinese, hanno organizzato il 2° “Fratelli in convivio”, il tema di quest’anno è stato “la mitezza”. Le considerazioni su questo tema sono state tenute dal Gran Sacerdote del Capitolo Iside, il fratello Tommaso Cimino.

La giornata si è tenuta a Roppolo, in provincia di Biella, presso l’agriturismo “Tra Serra e Lago”.

Ha fatto gli onori di casa il fratello Enrico Consonni, Commendatore della Commenda Nova Militia all’Oriente di Biella e Maestro Venerabile della Loggia Ankus all’Oriente di Caselle Torinese.

Era presente il Gran Maestro Gustavo Raffi al quale è stato consegnato il “sigillo di Iside” per l’anno 2008 con la seguente motivazione: “per aver esaltato con esempio e passione l’onore e la dignità della Massoneria Italiana”.

Hanno partecipato inoltre il 1° Gran Sorvegliante, il Fratello Sergio Longanizzi, i Grandi Ufficiali, i fratelli Mario Cifarelli e Pietro Perino, il Rappresentante del Consiglio dell’Ordine, Fratello Pierluigi Tenti, il presidente del Collegio dei Maestri Venerabili del Piemonte e Valle d’Aosta, il Fratello Marco Jacobbi, il vice-Presidente del Collegio dei Maestri Venerabili della Campania e Lucania, il Fratello Giovanni Esposito, il Consigliere dell’Ordine del Piemonte e Valle d’Aosta, il Fratello Luigi Elia, il Maestro Venerabile della Loggia Alpi Giulie, il Fratello Giliano Sever, accompagnato da alcuni Fratelli della sua Loggia.

Erano presenti i massimi Dignitari delle tre camere del Rito di York in Italia e più precisamente il Sommo Sacerdote del Maestro Liberi Muratori dell’Arco Reale, Compagno Giuseppe Fabbri, il Gran Maestro dei Massoni Criptici d’Italia, il Gran Commendatore dei Cavalieri Templari d’Italia, il compagno Emilio Attinà, accompagnato dal Gran Commendatore, il compagno Vicario Duilio Ferrari e dal deputy per l’Italia Settentrionale, il compagno Davide Natta.

Nell’ottica del riconoscimento avvenuto dopo il 2 dicembre dello scorso anno con la Gran Loggia Nationale di Francia, era inoltre presente il compagno Jean-Claude Revoil, prossimo Illustre Maestro del Concilio Terre du Soleil n. 9 all’Oriente di Grenoble del Grand Conseils des MaÎtres Royaux et Choisis de France della Grande Loge des MaÎtres Maçon de Marque de France, per valutare le possibilità di un gemellaggio tra i due Concili transalpini geograficamente molti vicini.

Si sono aggiunti alla lieta giornata i fratelli Claudio Raiteri e Carmine Di Leo, rispettivamente Presidente e Presidente Aggiunto della Consulta del Regime Scozzese Rettificato della Giurisdizione Italiana.

È stata da tutti definita una giornata serena e gioiosa, e nella prima parte della giornata, prima del pranzo, sono stati vissuti dei momenti che hanno arricchito tutti i presenti ed anche più in generale alla nostra Istituzione per i valori ed i contenuti trattati.

Nel pomeriggio è intervenuto il fratello Claudio Defilippi, presidente dell’Associazione Ausonia, che ha illustrato a tutti i presenti la storia e le finalità dell’associazione benefica che lui presiede. Ci si è accomiatati con la promessa di rivedersi tutti il prossimo anno, portando a casa quanto ha accompagnato questa giornata, mitezza, benevolenza e tolleranza nell’assoluta convinzione che non debbono essere parole, ma fatti, realizzati da ognuno di noi, soprattutto nel nostro tempio interiore, nei nostri templi e, con l’esempio, nel mondo profano. (Enrico Consonni)




domenica 27 luglio 2008

Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell’Arco Reale in Italia – Rito di York partecipa a Pesaro all’Agape Bianca.



(nella F.to: Il Sommo Sacerdote G. Fabbri 1° a destra, il Comp. e M.V. della V.Hugo 1893 n°1273 all'Or. di Urbino Paolo Curina 2° a destra, il Gran Dott. della Legge Tiziano Busca 3° a destra, al centro con la giacca bianca il G.M. Gustavo Raffi)

Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell’Arco Reale – Rito di York in Italia, Giuseppe Fabbri è stato presente, ieri sera, alla riuscita Agape Bianca che si è svolta a Pesaro alla Casa Febal, presente il Gran Maestro Gustavo Raffi.

Oltre 150 i Fr.lli presenti provenienti dagli Orienti Marchigiani e Romagnoli ai quali si è aggiunta la gradita presenza della delegazione della Gran Loggia di San Marino.

Oltre al Gran Maestro Raffi, era presente il Presidente del Collegio Circoscrizionale delle Marche Selandari Marco.

La comunità Massonica all’Oriente della Provincia di Pesaro e Urbino con questa Agape ha sospeso i lavori rituali che riprenderanno a settembre.

I Compagni dell’Arco Reale presenti all’Agape sono stati cordialmente intrattenuti dal Sommo Sacerdote. Il Gran Dott. della Legge Busca Tiziano ha fatto gli onori casa al Sommo Sacerdote. (A.Duranti)

Breve filmato, poco riuscito a causa delle luci dietro agli ospiti.


venerdì 25 luglio 2008

Lorenzo Da Ponte: la carriera di un libertino.

Parafrasando il detto: “dietro ogni grande uomo vi è una grande donna” ben si potrebbe dire: “dietro ogni grande musicista vi è un grande librettista”.

E’ il caso di Lorenzo Da Ponte, il librettista di Mozart, e come Mozart, Fr.llo Massone.

Un interessante articolo è stato pubblicato nel sito della Loggia t.h.e.m.i.s. all’Obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi al quale vi rimandiamo invitandovi a cliccare , se volete leggere tutto l’articolo: Lorenzo Da Ponte: la carriera di un libertino.




Agape Bianca con la partecipazione del G.M. G.Raffi


Domani 26 luglio 2008, AGAPE BIANCA presso la sede della “FONDAZIONE FEBAL” di Pesaro organizzata dai Maestri Venerabili delle RR\LL\ di Pesaro e di Fano con la partecipazione del Gran Maestro Avv. Gustavo Raffi.



giovedì 24 luglio 2008

Il Tempo. Spazio e durata - la soluzione del limite nell’illimitato.



(nella f.to: la Rivista Alpina da cui è tratto l'artico)

Ci sono nozioni filosofiche con le quali tutti noi dobbiamo fare dolorosamente i conti. Sono idee, a tutta prima astratte, che si rivelano nella storia con drammatica concretezza: fra queste, al primo posto, è il Tempo. Di esso si è scritto a proposito e a sproposito; fisici, poeti, letterati e pensatori ne hanno esaminato le varie facce.

Bent Parodi, Grande Oratore aggiunto del GOI (Revista massonica svizzera giugno/luglio 2008).

La problematicità della nozione Tempo esercita un fascino irresistibile su chiunque anche non interessato, normalmente, a questioni teoretiche; il fatto che il tempo richiama, per immediata associazione, il concetto di durata e, con essa, quello della ineluttabilità della morte.

Nascita, crescita, declino si legano intimamente all’antichissima concezione del ciclo, su cui si basarono le religioni mediterranee pre-indoeuropee.

Tenteremo anche noi, qui, un’analisi per approcci del problema-tempo, visto nel suo aspetto storico e semantico, con l’obiettivo di riaffermare quel filo di continuità culturale che, sin da epoca arcaica, sembra apparentare le prime speculazioni mitologiche alle più recenti acquisizioni della fisica contemporanea.

Il tempo nella storia etimologica

Per la nostra indagine sommaria (sull’argomento potrebbero versarsi fiumi d’inchiostro) partiremo dalla Grecia.

Gli Elleni, indoeuropei e, perciò, affini agli ariovedici dell’India sanscrita, chiamarono il tempo chronos, da una radice gher; in tutta l’area linguistica aria designa il concetto di recingere, chiudere, delimitare e simili.

Essi, dunque, videro la durata come limite, già intimamente associata all’idea dello spazio, uno spazio non vuoto (come comunemente si ritiene) ma come recipiente di potenzialità: il chaos teogonico – si pensi a Esiodo, a Ferecìde – che si riallaccia agli omologhi termini chaschànò, chàschò, connessi al significato di serbatoio.

Il chaos non era il nulla (concetto, in realtà, estraneo alla mentalità degli antichi) ma l’antefatto della vita, della molteplicità dei fenomeni, e - per questo – quasi sempre indicato come progenitore della realtà.

Caos come spazio, allora, e lo spazio – come si sa – si è rivelato in tempi assai recenti come tutt’altro che vuoto (il vuoto non esiste), portatore di materia interstellare, addirittura di vita; l’analisi spettroscopica degli astrofisici ha individuato tutti gli elementi organici necessari alla costituzione del fenomeno-vita proprio negli spazi interstellari.

E siamo al modernissimo concetto di unità spazio-tempo, il cronotopo come è stato chiamato con termini greci, che la fisica relativistica, da Einstein in poi, ha posto come esigenza della sua visione cosmologica di base.

Chronos, dicevamo, fu inteso e – l’etimologia ce ne da conferma – come delimitazione della realtà, una realtà che, dunque, supera il tempo per ampiezza e durata.

Alle stesse conclusioni giunse, già di buonora, la sapienza arcaica dei Latini: all’ellenico chronos i Romani contrapposero tempus, la parola che ha dato origine all’italiano tempo.

Ma questo termine degli indoeuropei italici fu mutuato dal vocabolario greco anch’esso: tempus ha la sua radice etimologica in tem, che troviamo in temno, tagliare, cingere, conchiudere.

Si riafferma, anche in questo caso, la nozione di limite, di porzione limitata della realtà.

E la Grecia e Roma sono solo due esempi, fra i più significativi, di questo modo di concepire il tempo nato con tutta probabilità nell’età tardo neolitica.

Fu allora, infatti, che le prime società di agricoltori imparando a coltivare regolarmente la terra si avvidero anche delle ferree leggi del ciclo naturale delle stagioni, a cui le colture erano di necessità soggette.

Fu anche l’epoca in cui ci si rese conto della dualità della natura: giorno-notte, caldo-freddo, luce-buio, nascita e morte del mondo vegetale, fenomeno – quest’ultimo – a cui fu spontaneo associare anche l’uomo.

Nacque così, in embrione, l’idea dell’identità fra microcosmo (l’uomo) e il macrocosmo (l’universo), che nel mondo antico giunse a completa maturazione speculativa con la riflessione degli Stoici che intesero l’universo come un tutto vivente (universo: ciò che si volge a unità...).

La nozione di ciclo, apparsa con la cultura neolitica della religiosità agraria mediterranea, è responsabile – come abbiamo visto – dell’ètimo di chronos e del tempo, del loro essenziale significato di limitazione.

E quest’idea antichissima si è in fondo mantenuta fino ai nostri giorni nella coscienza comune, chiaro retaggio delle nostre inalienabili radici motivazionali.


(nella F.to: Ben Parodi a Pesaro)

Nemico e limite dell’uomo.

Ma il tempo, nemico dell’uomo in quanto lo limita, lo frena nel suo irresistibile impulso di autotrascendimento, si prestò anche ad altre interpretazioni, anch’esse sopravvissute fino ai nostri giorni: in tutte le culture ritroviamo accanto al tempo-limite anche il tempo-senza tempo, l’eternità come proiezione e realistico tragu

La geometria ci ha insegnato che il segmento è una porzione finita della retta infinita; in filosofia riscontriamo l’analogo rapporto tempo-eternità ed eternità etimologicamente si ricollega al tempo, all’evo, al grande ciclo affermato dalla filosofia induista (il para-brahman, il kali-yuga).

Perché, sin dal sorgere della speculazione mitica, prima, e ragionale, poi, gli uomini sono stati portati istintivamente a vedere nel tempo il suo superamento? Probabilmente perché vi è innata nell’uomo un’esigenza di totalità, che gli fa cogliere intuitivamente l’infinito, pur essendo questo posto al di là della possibilità del nostro pensiero e, quindi, rappresentabile solo attraverso il simbolo.

Il simbolo ci dà la chiave di volta, di decifrazione della realtà metastorica, dell’al-di-là delle cose.

L’origine della parola ci rinvia ai concetti di allusione, di contrassegno e di riferimento sottinteso; e non è un caso che nel mondo della sapienza greca, magistralmente scandagliato da Giorgio Colli, riscontriamo agli albori della speculazione l’enigma, il nascosto.

«La natura ama nascondersi », affermava Eraclito.

«Agli dèi non piace ciò che è manifesto, essi amano l’enigma», affermano ancora le Upanishad indiane.

La soluzione del limite nell’illimitato trovò il suo primo ambito di pertinenza nelle società misteriche.

E non c’è dunque da stupirsi se già con l’orfìsmo chronos il limite fu identificato (associazione magica fondata sull’omofonìa) con Kronos, l’antico dio dei monti della religiosità pregreca.

Qui Ker, la radice di Kronos, allude al fare, all’eseguire e fu facile per le speculazioni mistiche dell’antica Grecia sovrapporre alla figura mitologica di Kronos un’attività demiurgica di creatore della realtà, che si attribuì, quindi, al tempo, alla dimensione dionisiaca che troverà ancora un’eco nell’interpretazione di Nietzsche.

L’innocenza creativa si svolge nella dimensione del limite per superarsi e trascendere nel senza-limiti, nell’Eternità agognata da tutti gli iniziati d’ogni tempo, dagli Orfici ai teosofi del mondo contemporaneo.

Tempo come Tempio

E veniamo alla seconda coincidenza semantica.

Il verbo greco témno, che – abbiamo visto – significa tagliare e che, in questa sua accezione particolare, ha provocato la formazione del vocabolo latino tem-pus, tempo, nasconde altre possibilità di analisi che rinviano alla contrapposizione del tempo profano a quello sacro, del tempo secolare a quello mitico dell’eterno.

Témno ha prodotto la parola témenos, recinto chiuso e consacrato, propriamente: cioè, il tempio greco, il luogo di dio.

E lo stesso termine, ripreso dal vocabolario ellenico, ritroviamo nel latino templum, nell’italiano tempio, sempre col medesimo significato di fondo a cui rimanda l’etimologia.

V’è, sottinteso, un fecondo rapporto dialettico di identificazione magica fra tempo e Tempio, di cui s’è perduta cognizione ma non sentimento.

L’uomo in questa polarità di significati, entrambi validi e veri ad un diverso livello dell’esistere, compie una scelta di campo irreversibile per il suo stesso destino: vivere nel limite o, piuttosto, nella dimensione di eternità.

La svolta drammatica in più tempi riproposta dall’antico invito delfico «Conosci te stesso», svela il senso profondo dei misteri e del messaggio mitico, di cui la filosofia non serberà che un parziale ricordo, un’oscura nostalgia come aspirazione alla sapienza.

E chi è sapiente? Chiunque può esserlo, e in potenza lo è.

E ancora Colli (La nascita della filosofia) a ricordare che sapiente è chi getta luce nell’oscurità, chi scioglie i nodi, chi manifesta l’ignoto, chi precisa l’incerto.

Per essere sapienti bisogna tornare al mito.

Di miti c’è ancora – e, soprattutto oggi – grande bisogno.

Ma la dimensione mitica mal si attaglia all’esasperato razionalismo, alle rigidità filologiche.

La filosofia corrente non ci viene in soccorso perché essa ha perduto il filo d’Arianna: il simbolo. Persino un grande filologo, come il tedesco Ulrich Wilamovitz von Moellendorf, notissimo per il suo estremo scrupolo testuale, ebbe un cedimento mitico.

E scrisse, narrando d’un suo viaggio in Arcadia, d’essersi imbattuto in un Sileno... E il suo racconto non fu privo d’una certa commozione.

Il simbolo è un’esigenza profonda dello spirito, la via per superare il tempo e accedere al Tempio.

(Da “Rivista Alpina” editata dalla Gran Loggia Svizzera Alpina Giugno-Luglio 2008)



Franco Cuomo, a un anno dalla sua scomparsa.


Il 23 Luglio dello scorso anno passò all'Oriente Eterno il Fratello Franco Cuomo che ricordiamo per la sua mitezza d'animo, per il suo amore per la cultura, per la sua schiva umiltà a fronte di un'imponente produzione letteraria e teatrale.

Il 2 Agosto, a Sabaudia, Cosimo Cinieri leggerà alcuni stralci dell'ultimo suo dramma "Tempo Scaduto" e alcune sue poesie inedite.

Scrittore di molti saggi e libri due volte finalista al premio Strega, fu anche autore di un vasto repertorio teatrale e traduttore di numerosi classici; come giornalista collaborò a quotidiani e periodici, fu inviato speciale, critico e caporedattore dei servizi culturali; condirettore delle riviste "Fiera" e "Achab", scrisse anche testi monografici per le riviste "Medioevo" e "Ulisse 2000"; ospite di telegiornali e di altre trasmissioni, prese parte a programmi quali "Stargate", "Voyager", "Unomattina", "Maurizio Costanzo show", "Top secret" e "Speciale storia TG1".

L'ultimo romanzo fu "Anime perdute. Notturno veneziano con messa nera e fantasmi d'amore" e l'ultimo saggio fu "I dieci", uno studio sugli scienziati italiani che firmarono nel 1938 il "Manifesto della razza".

A Settembre uscirà "Il tradimento del templare", anche questo edito da Baldini Castoldi Dalai (News dal Collegio della Toscana 24 Luglio 2008 )




A giorni arriverà a tutti i Fr.lli "Erasmo"il Bollettino d'informazione del Grande Oriente d'Italia di Luglio di cui vi anticipiamo il Sommario:

In primo piano: Equinozio di Autunno XX Settembre; Cronaca:Funari massone? Servizio Biblioteca: Massoni e Music Hall; Incontro con Diane Clements; Manifestazioni: ALGHERO / Vincenzo Sulis cittadino d’Europa; MARINA DI PIETRASANTA Incontro col Gran Maestro Gustavo Raffi; COMO / Willy Pasini visita il Grande Oriente; FIRENZE / A settembre la Regione presenta gli atti del XV Convegno della Toscana sullo Stato laico; PRATO / A ottobre celebrazioni per il bicentenario di Giuseppe Mazzoni; LIVORNO / Effetto Venezia 2008; ROMA / Seconda festa del Collegio del Lazio; TEULADA / In memoria di Giorgio Asproni; Attività Internazionali: PORTOGALLO / Il Grande Oriente a Lisbona; USA / A New York incontro a Ground Zero; IN BREVE...; Attività Grande Oriente d’Italia; Ultime dal Vascello; Notizie dalla Comunione; rassegna stampa; storia e cultura; attualità; anniversari;




martedì 22 luglio 2008


Caro Almerindo,
Ti scrivo per chiederTi informazioni sui due prossimi eventi del R. di Y. nel mese di ottobre p.v.

Vorrei appunto chiederTi informazioni ed il programma degli eventi di Parma e Monaco che tu gentilmente hai postato sul Tuo eccelente blog che è di grossa utilità per tutti noi, affinchè io possa insieme ad altri compagni programmare le sistemazioni ed il piano viaggio. Spero di rivederti presto T.F.A Giovanni E. - Napoli

Caro Giovanni, fermo restando più precise informazioni delle quali spero di entrare in possesso più avanti intanto ti comunico quanto segue: la Grande Assemblea Annuale del Rito di York del Principato di Monaco si terrà il 12-13-14 Ottobre 2008 presso l'albergo Novotel (Principato di Monaco). Se intenti partecipare, credo tu debba preventivamente contattare il Gran Segretario Saglia Bernard a questo indirizzo di posta elettronica:bernard.saglia@gmail.com

Per l' annuale festa del Rito di York che avrà luogo a Parma, venerdì 24 e sabato 25 ottobre 2008 questo è il programma di massima: la manifestazione inizierà il 24 ottobre alle ore 20,00 con una “convocazione aperta” del Capitolo “Pitagora”n.14 all’Oriente di Parma, promossa d’intesa con il Concilio e la Commenda a cui aderiscono i Compagni di quell’Oriente, nel corso della quale si lavorerà su un argomento relativo alla tradizione e alla ritualità del Rito di York. (A.Duranti)




lunedì 21 luglio 2008

Un pensiero di ringraziamento ai fratelli Compagni Cavalieri


(nella f.to: il G.C. della Commenda R. De Sangro con Dignitari e Oriente)

Una immagine dell'Oriente durante la cerimonia di installazione della Commenda Templare Raimondo De Sangro a cui fa riferimento questa bellissima T.M. che con-dividiamo con tutti Voi (A.Duranti)


In occasione della Installazione della Commenda Raimondo De Sangro, avvenuta a Napoli nel Giugno scorso, e della iniziazione di alcuni fratelli, ho rivissuto in pieno l’ansia della metamorfosi, la luce e l’ebbrezza del cambiamento, la conferma di un cammino “avvenuto”, tracciato e liso nel perpetuo divenire.

Ho lasciato che la “mente” lavorasse serenamente e divenisse sgombra dalle contaminazioni sentimentali primigenie della mia “prima volta”.

Quella prima volta del “dirigere”, “incanalare” e manifestare quel potere iniziatico di cui sono stato investito.

E’ vero che le sensazioni subitanee risultano essere le più sincere.

E’ vero anche però che, se sapientemente concimate e coltivate, possono sprigionare idee e pensieri istruttivi per un raccolto eccezionale..

E così ho preferito meditare, ascoltarmi, rendere maturo il frutto di alcune percezioni.

Un pensiero banale, informe, scaturito dalla visione di una cattedrale, a cui sono emotivamente legato, quella di S. Galgano, che maestosa si erge solitaria sui colli senesi, mi ha improvvisamente ricollegato alle sensazioni di quel pomeriggio, dove, insieme a tanti di Voi, abbiamo ricostruito e officiato un rituale così ostico ed insieme sorprendente nel suo svolgersi.

E così, mano nella mano di Cecilia, la mia bambina, curiosa come me delle cose del mondo, abbiamo silenziosamente viaggiato all’interno di questa cattedrale, resa dalle intemperie e dal tempo ancora più magica e misteriosa.

Quel silenzioso monumento aperto al cielo stellato ha acceso in me una visione.

Come se qualcosa di ancestrale fosse rimasto sospeso, inespresso, non comunicato, in un caldo ed afoso pomeriggio di Giugno, tutti insieme abbiamo “lavorato” per ricostruire una idea.

E così, pochi giorni fa, in S. Galgano, sono scivolato tra i vuoti ed i pieni della sua scultura di pietra, di così voluta e sapiente maestranza, ed ho riconosciuto la “forma”.

Sembra banale, ripeto, poter dire ho riconosciuto la “forma”, ma quel movimento umano, scolpito per l’Eterno, ha reso più chiara e manifesta in me l’esigenza di restituirVi la più “ giusta forma ” di quello che tutti insieme abbiamo vissuto.

Le mie grate sensazioni di condivisione si sono improvvisamente illuminate. Le ho sintetizzate in un simbolo, una figura geometrica, in quel recinto atemporale che ho immaginato essere il quadrato.

Ed ecco che queste sensazioni hanno preso forma, peso e sostanza.

Il romanico di S. Galgano esprime uno stile archittettonico giunto al suo apogeo e che lascia intendere uno spazio nuovo, rivela l’esigenza dei tempi verso l’acromico, lo slancio verso l’alto, il passaggio al gotico .......ed in questo “passaggio” si arricchisce di una nuova necessità, che non è ancora la sintesi suprema delle cattedrali gotiche nordiche, ma intuisce che le fondamenta, squadrate, pesanti, lineari, romaniche, siano ormai mature e pronte per accogliere l’esperienza verticistica dello slancio degli archi a sesto acuto...

Sono tornato così a meditare sulla pietra levigata con la maturità di chi, pur fermo per anni nello stesso dominio, ne ha potuto percorrere incessantemente ogni confine, ogni anfratto, ogni piccola grotta, ed ho grattato superfici di ipocrisia per riconoscere quella verità che ci fa Uomini e soprattutto Massoni Veri.

Nel meditare sulla figura del quadrato ho colto la pietra cubica dove l’uomo è riuscito ad equilibrare tutte le sue virtù e le sue doti spirituali, ho percepito che l’unione di due squadre, unite per l’estremità, è anche il simbolo dell’opera realizzata, la base della piramide.

Mi sono imbattuto nei quadrati magici, che sono i documenti più occulti che esistono e che resistono ancora oggi a qualsiasi lavoro di interpretazione.

Mi sono imbattuto nella tetractys pitagorica, nella interpretazione che ne fa Renè Guenon quando osserva che la formula pitagorica 1+2+3+4 = 10 è la circolatura del quadrato e che all’inverso 10 = 1+2+3+4 esprime numericamente la divisione quaternaria del cerchio cioè il problema ermetico della quadratura del cerchio concepibile come massima perfezione umana.

La forma del quadrato è in riposo, statica, simmetrica nei suoi angoli e nei suoi lati.

L’evocazione letteraria che nella mente se ne produce è il complesso dei quattro elementi entro cui sta l’uomo:

“..ci accese un Fuoco nel cuore,

l’Acqua degli occhi,

la vita al Vento gettammo

e poi ci accolse la Terra.

( Rubayyat – Omar Kayyam )

Ma nell’affermazione di Heidegger “ I mortali stanno nella quadratura” è sotteso il luogo stabilizzato, nel tempo e nello spazio, in cui l’individuo alla nascita è stato gettato.

Il Simbolo è il linguaggio del Sé; Il Simbolo del quadrato rimanda alla solida pesantezza , alla calma forte: il quadrato è la terra.

Sta all’uomo tessere l’ordito delle propria vita plasmando e identificandosi in questo “hortus conclusus” come in uno spazio di rifugio, di riposo, di meditazione; o invece involgendovi accidiosamente nella rinuncia a nuovi stimoli e riducendolo al luogo interiore del proprio auto-confino.

Il quadrato, come luogo simbolico di meditazione dell’Iniziato, è tutto questo perché non è mai una forma della natura, che infatti non lo conosce ed in definitiva la realtà esteriore naturale sempre lo ignora e di miliardi di sassi nessuno è mai nato in natura come un cubo o un perfetto capitello: esso discende non dalla Natura, ma dalla natura umana,come archetipo del nostro Inconscio.

Come l’Apprendista medita sulle forme archetipiche semplici, geometriche, così in grado di Compagno l’onesto costruttore del proprio tempio Interiore comprende infine l’autorientamento degli assi di carico di questo edificio e le forme opportune e funzionali secondo cui la materia lapidea dell’opera sua deve autoplasmarsi per assolvere al buon fine dell’opera.

Guardando solo ora più in alto, il costruttore, ormai maestro, comprende il bisogno di catturare e scaricare le volute aeree del cielo sulle statiche fondamenta della terra.

Così, nel simbolismo iniziatico romanico, la forma quadrata del capitello unisce le colonne con gli archi e trasmette il peso sul solido pilastro quadrato di queste.

Ma, come la forma in Quadrato del capitello simboleggia il Tempo dell’Uomo, la forma di Cerchio della colonna e degli archi, cui esso viene asservito, simboleggia la dimensione segreta, acromica del sacro.

Da questa proviene la nozione del proprio dovere morale perché, come è stato scritto, senza di esso tutto allora sarebbe permesso, e come afferma il fratello Diderot : “Solo incatenandosi al proprio dovere si spezzano tutte le altre catene”.

E ancora un’altra frase del Diderot, che non disperde il “sapere” nel suo esperimento enciclopedico, ma ne fa strumento efficace per “dirigere” la Volontà, mi giunge una nuova immagine di modello ideale del Cavaliere Templare, e cioè come colui che intende la volontà come conseguenza del desiderio e non il contrario....

Ed è in un quadrato, un quadrato oblungo, che vi ho accolto, percepiti, ascoltati, serviti, affinchè il pensiero, rimanesse silenzioso, in attesa di lasciare spazio alle volute delle Vostre colonne, trasportate ed erette per una idea di trascendente “appartenenza”.

E così, nel desiderio di riabbracciarVi quanto prima, con la speranza di aver reso “compiuto” e chiaro questo incredibile pensiero Vi dono le mie emozioni, scolpite per sempre, in un pomeriggio di Giugno....

Per tre volte tre Vostro Ottorino C.


venerdì 18 luglio 2008

Il successo dell'incontro alla Versiliana


la pagina uscita sul Corriere della Versilia




La pergamena di Chinon.


Il ritrovamento e la pubblicazione della pergamena di Chinon presso l’archivio segreto Vaticano ha dato un nuovo impulso agli studi legati alla storia dell’Ordine Templare.

Riproponiamo oggi, sperando di fare cosa gradita al Cavalieri Templari del Rito di York la pagina messa in Internet dall’archivio vaticano, e la traduzione della Pergamena operata da Enrico Baccarini.

A tutti buona lettura. (A. Duranti)





(nella f.to: pergamena di Chinon)


PERGAMENA DI CHINON - ASSOLUZIONE DI PAPA CLEMENTE V AI CAPI DELL’ORDINE TEMPLARE, Chinon, diocesi di Tours, 1308 agosto 17-20

Originale formato da un unico foglio membranaceo di grandi dimensioni (mm. 700x580), in origine munito dei sigilli pendenti dei tre legati apostolici che formavano la speciale Commissione apostolica ad inquirendum nominata da Clemente V: Bérenger Frédol, cardinale prete del titolo dei SS. Nereo ed Achilleo e nipote del papa, Étienne de Suisy, cardinale prete di S. Ciriaco in Thermis, Landolfo Brancacci, cardinale diacono di S. Angelo.

Stato di conservazione discreto, anche se sono presenti vistose macchie violacee dovute ad attacco batterico.

L’originale era corredato da una copia semplice coeva, tuttora conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano con segnatura Archivum Arcis, Armarium D 218. ASV, Archivum Arcis, Arm. D 217 .

Il documento contiene l’assoluzione impartita da Clemente V all’ultimo Gran Maestro del Tempio, frate Jacques de Molay, e agli altri capi dell’Ordine dopo che questi ultimi hanno fatto atto di pentimento e richiesto il perdono della Chiesa; dopo l’abiura formale, obbligatoria per tutti coloro che erano anche solo sospettati di reati ereticali, i membri dello Stato Maggiore templare sono reintegrati nella comunione cattolica e riammessi a ricevere i sacramenti.

Appartenente alla prima fase del processo contro i Templari, quando Clemente V era ancora convinto di poter garantire la sopravvivenza dell’ordine religioso-militare, il documento risponde alla necessità apostolica di rimuovere dai frati-guerrieri l’infamia della scomunica nella quale si erano precedentemente invischiati da soli ammettendo di aver rinnegato Gesù Cristo sotto le torture dell’Inquisitore francese.

Come confermano diverse fonti coeve, il papa appurò che fra i Templari si erano effettivamente insinuate gravi forme di malcostume e pianificò una radicale riforma dell’ordine per poi fonderlo in un istituto unico con l’altro grande ordine religioso-militare degli Ospitalieri.

L’atto di Chinon, presupposto necessario alla riforma, rimase però lettera morta.

La monarchia francese reagì innescando un vero meccanismo di ricatto, che costringerà in seguito Clemente V a compiere un passo definitivo durante il concilio di Vienne (1312): non potendo opporsi alla volontà di Filippo IV il Bello, re di Francia, che imponeva l’eliminazione dei Templari, il papa, sentito il parere dei padri conciliari, decise di sopprimere l’ordine «con norma irreformabile e perpetua» (bolla Vox in excelso, 22 marzo 1312). Clemente V specifica però che tale sofferta decisione non costituisce un atto di condanna per eresia, al quale non si sarebbe potuti giungere sulla base delle diverse inchieste istruite negli anni precedenti il concilio.

Per emettere una sentenza definitiva sarebbe stato necessario infatti un regolare processo, che prevedesse anche l’esposizione delle tesi difensive da parte dell’ordine.

Ma lo scandalo suscitato dalle infamanti accuse rivolte ai Templari (eresia, idolatria, omosessualità e pratiche oscene) avrebbe dissuaso chiunque, secondo il pontefice, dall’indossare l’abito templare e, d’altra parte, una dilazione nella decisione in merito a tali questioni avrebbe prodotto la dilapidazione delle ingenti ricchezze offerte dai cristiani all’ordine, incaricato di accorrere in aiuto della Terrasanta per combattere i nemici della fede.

L’attenta considerazione di questi pericoli, unitamente alle pressioni di parte francese, convinsero il papa a sopprimere l’Ordine dei Cavalieri del Tempio, così come in passato, e per motivazioni di assai minor momento, era accaduto ad ordini religiosi di importanza ben più rilevante. (http://asv.vatican.va/it/doc/1308.htm?)

Assoluzione degli Alti Dignitari dell’Ordine del Tempio da parte dei Legati Pontifici (ASV, A.A., Arm. D 217 - Chinon, 1308 agosto 17-20)

In nome di Dio amen.


Noi per misericordia divina cardinali preti Berengario del titolo dei Santi Nereo e Achilleo, e Stefano del titolo di San Ciriaco in Termis, e Landolfo, cardinale diacono del titolo di Sant’Angelo, rendiamo noto a chiunque visionerà il presente e pubblico documento quanto segue: dopo che,

(nella F.to: Papa Clemente V)

recentemente, il santissimo padre e nostro signore Clemente, per divina provvidenza sommo pontefice della sacrosanta e universale Chiesa di Roma, a causa di quanto riportato dalla pubblica voce e dalla accesa denuncia dell’illustre re dei Franchi, e di prelati, duchi, conti, baroni e altri nobili e non nobili del medesimo regno di Francia fece istruire un’indagine contro alcuni frati, preti, cavalieri, precettori e sergenti dell’ordine della Milizia del Tempio relativa a quei fatti che riguardano tanto i frati dell’ordine quanto la fede cattolica e lo stato dell’ordine medesimo, e per i quali fatti essi sono stati pubblicamente diffamati, lo stesso pontefice, volendo e intendendo conoscere la pura, piena e integra verità sugli alti dignitari del

(nella F.to:Jacques de Molay)

detto ordine, cioè il frate Jacques de Molay, gran maestro di tutto l’ordine dei Templari, e i frati Raymbaud de Caron, precettore d’Oltremare, e i precettori delle magioni templari Hugues de Pérraud in Francia, Geoffroy de Gonneville in Aquitania e Poitou, Goeffroy de Charny in Normandia, ordinò e incaricò noi, con mandato speciale ed impartito espressamente dall’oracolo della sua viva voce, affinchè, accompagnati da notai pubblici e testimoni degni di fede, ricercassimo con attenzione la verità nei confronti del gran maestro e degli altri precettori sopra nominati interrogandoli rigorosamente uno ad uno.

Noi dunque, conformemente all’ordine e all’incarico che ci sono stati impartiti dal predetto nostro signore e sommo pontefice, abbiamo indagato sui menzionati gran maestro e precettori, interrogando attentamente i medesimi sui fatti sopra esposti e, come segue qui appresso, abbiamo fatto scrivere dai notai che si sono segnati in calce, e in presenza dei testimoni sottoscritti, le cose dette dai medesimi templari e le loro confessioni, ordinando altresì che queste venissero redatte in pubblica forma e che fossero rese ancora più valide dalla garanzia dei nostri sigilli.

Nell’anno millesimo trecentesimo ottavo dalla nascita del Signore, nella sesta indizione, il giorno diciassettesimo del mese di agosto e nell’anno terzo del pontificato di nostro signore papa Clemente V, nel castello di Chinon, diocesi di Tours, il frate Raymbaud de Caron, cavaliere e precettore d’Oltremare dell’ordine dei Templari, costituitosi dinanzi a noi cardinali sopradetti giurò sui santi Vangeli di Dio, toccando il libro, di dire la pura e piena verità tanto su di sé quanto su ogni singola persona e sui frati dell’ordine, nonché sull’ordine stesso, in particolare su quei temi che riguardano la fede cattolica e lo stato del detto ordine, le altre persone singole e i frati dell’ordine stesso;

(nella F.to: castello di Chinon)

interrogato attentamente da noi sull’epoca e sulle modalità del suo ingresso nell’ordine disse che, invero, sono circa quarantatre anni che divenne cavaliere, e che fu accolto nel Tempio dal frate Roncelin de Fos, allora precettore della provincia di Provenza, nel luogo di Richarenchis, nella diocesi di Carpentras o di Saint-Paul-Trois-Chàteaux, nella cappella della magione templare di quel luogo.

E in quella occasione il precettore non gli disse null’altro che bene; ma poco dopo la detta cerimonia di accoglienza sopraggiunse un certo frate sergente di cui non ricorda il nome, poiché è morto da molto tempo.

Questi lo condusse in disparte portando una piccola croce sotto il mantello; dopo che gli altri frati si furono allontanati, appena lo stesso sergente e il deponente furono soli, il sergente gli mostrò una croce che, tuttavia, non ricorda se contenesse o meno l’immagine del crocefisso, crede comunque che vi fosse, dipinta o scolpita. E quel frate gli disse: « Conviene che tu rinneghi questo».

E il deponente, non credendo di peccare, disse: «E io lo rinnego».

Allo stesso modo il sergente gli disse poi di mantenere la continenza ovvero la castità; tuttavia, qualora non vi fosse riuscito, sarebbe stato meglio che lo avesse fatto in segreto piuttosto che in pubblico.

Disse inoltre che quel rinnegamento che fece, lo aveva fatto non con convinzione, ma a parole.

Disse poi che il giorno successivo lo aveva rivelato al vescovo di Carpentras, suo parente che si trovava in quel luogo, il quale gli disse che aveva agito male e che aveva peccato: per la qual cosa si confessò allo stesso vescovo che gli ingiunse una penitenza che, a quanto a quanto ci ha detto, fece.

Interrogato poi sul vizio di sodomia disse di non averlo mai praticato, in maniera né attiva né passiva, né sentì dire mai che i Templari praticassero quel vizio, tranne che tre soli tra essi, i quali, per quel vizio, erano stati condannati al carcere a vita nel castello di Chàteau-Pélerin.

Interrogato se i frati vengano accolti nell’ordine nello stesso modo in cui fu accolto egli stesso, disse di non saperlo, dal momento che non accolse né vide mai accogliere nessuno, tranne che due o tre frati, dei quali non sapeva se avessero negato il Cristo o meno. I

nterrogato sui nomi di questi frati accolti disse di uno il cui nome era frate Pietro, del quale non sa il cognome.

Interrogato su che età avesse quando divenne frate nell’ordine, disse che aveva circa diciassette anni.

Interrogato relativamente allo sputo sulla croce e sull’idolo a forma di testa disse di non saperne nulla, aggiungendo che mai aveva sentito dire di questa testa finché non lo udì dire da nostro signore papa Clemente nell’anno testé trascorso.

Interrogato sul bacio disse che frate Rossolino, quando lo aveva accolto come frate, lo aveva baciato sulla bocca; di altri baci disse di non saperne nulla.

Interrogato se volesse rimaner fermo su questa sua confessione, se avesse detto la verità, e se vi avesse mescolato qualcosa di falso o avesse tralasciato qualcosa di vero, disse di volersi mantener fermo nella sua confessione ora rilasciata e di aver detto la verità, e che in quella non aveva mescolato alcunché di falso, né omesso verità alcuna.

Interrogato se avesse confessato le cose appena dette su richiesta, per denaro, gratitudine, simpatia, paura o odio o istigazione di qualcuno ovvero per paura della tortura, disse di no.

Interrogato se dopo che fu arrestato gli fossero state poste domande o fosse stato torturato disse di no.

E infine lo stesso frate Raymbaud, inginocchiatosi e giunte le mani chiese dinanzi a noi il perdono e la misericordia per i fatti rivelati; e poiché era lo stesso frate Raymbaud a chiedere queste cose, abiurò nelle nostre mani la ora rivelata e ogni altra eresia e, per la seconda volta, toccando il libro, giurò sui santi Vangeli di Dio che egli stesso avrebbe obbedito ai precetti della Chiesa e avrebbe tenuto, creduto e osservato la fede cattolica che la Santa Romana Chiesa tiene, osserva, predica e insegna e ordina che sia osservata dagli altri, e che sarebbe vissuto e morto da fedele cristiano.

Dopo tale giuramento noi cardinali, in virtù dell’autorità specialmente concessaci dal papa in questo luogo, abbiamo impartito allo stesso frate Raymbaud, che umilmente la chiedeva, il beneficio dell’assoluzione dalla sentenza di scomunica nella quale, per le cose prima rivelate, era incorso, riammettendolo nell’unità della Chiesa e restituendolo alla comunione dei fedeli e ai sacramenti ecclesiastici.

Allo stesso modo, lo stesso giorno, nel modo e nella forma predetti, costituitosi di persona, in presenza di noi e degli stessi notai e testimoni, il frate Geoffroy de Charny, cavaliere, precettore delle magioni del Tempio in tutta la Normandia, giurò in modo simile sui santi Vangeli di Dio, toccando il libro; attentamente interrogato sulle modalità del suo ingresso nell’ordine disse che sono circa quarant’anni che fu accolto nella Milizia del Tempio dal frate Amaury de la Roche, precettore di Francia, presso Étampes, nella diocesi di Sens, nella cappella della magione templare di quel luogo, presenti il frate Jean le Franceys, precettore del Poitou e circa nove o dieci confratelli che ora, a quanto crede, sono morti.

E, in quell’occasione, terminato il rito d’ingresso, postogli sul collo il mantello dell’ordine, il frate che lo aveva accolto lo trasse in disparte all’interno della cappella stessa e gli mostrò una croce sulla quale c’era l’immagine del Cristo: e gli disse di non credere in quello, anzi, di rinnegarlo.

E allora, per ordine di quello, lo negò a parole ma senza convinzione.

Disse anche che nel momento della sua accoglienza aveva baciato quel frate sulla bocca, sul petto, e sopra la veste, in segno di rispetto. Interrogato se i frati templari fossero accolti nell’ordine nello stesso modo in cui egli stesso era stato accolto disse di non saperlo.

Disse anche di aver accolto personalmente nell’ordine un solo frate, secondo quella prassi per la quale egli stesso era stato accolto, e che in seguito accolse molti altri senza imporre loro il predetto rinnegamento e in modo corretto; disse anche che, per il rinnegamento del crocefisso che egli stesso aveva subito durante la sua accoglienza e imposto in quella che fece fare, si confessò con l’allora patriarca di Gerusalemme, e venne assolto da quello.

Interrogato attentamente riguardo allo sputo sulla croce, ai baci e al vizio di sodomia e all’idolo a forma di testa, disse di non saperne nulla.

Interrogato disse inoltre di credere che gli altri frati vengano accolti nell’ordine nel modo in cui egli stesso vi fu accolto; disse tuttavia di non saperlo per certo, poiché quando avvengono tali cerimonie d’ingresso, gli accoliti vengono tratti in disparte in modo tale che gli altri fratelli che sono nella medesima magione non vedano né ascoltino cosa si faccia con essi in quell’occasione.

Interrogato su che età avesse quando fece ingresso nell’ordine, disse di avere avuto circa diciassette anni.

Interrogato se avesse confessato le cose appena dette su richiesta, per denaro, gratitudine, simpatia, paura, odio o istigazione di qualcuno ovvero per paura della tortura, disse di no.

Interrogato se volesse rimaner fermo su questa sua confessione, e se avesse detto la verità e se vi avesse mescolato qualcosa di falso ovvero se avesse tralasciato qualcosa di vero, disse che voleva rimaner fermo nella sua confessione appena detta, nella quale aveva detto ogni cosa per vera, e di aver detto la verità, e che in quella non aveva mescolato alcunché di falso, né omesso verità alcuna.

Dopo ciò noi cardinali, secondo le modalità e le forme sopra scritte, ritenemmo che al medesimo frate Geoffroy, che nelle nostre mani abiurava quella appena rivelata e ogni altra eresia, e che giurava sui santi Vangeli di Dio richiedendo umilmente anche il beneficio dell’assoluzione per questi fatti, fosse da impartire il beneficio dell’assoluzione secondo le forme della Chiesa, riaccogliendolo nell’unità della Chiesa e restituendolo alla comunione dei fedeli e ai sacramenti ecclesiastici.

Allo stesso modo, lo stesso giorno, costituitosi di persona, in presenza di noi, dei notai e dei testimoni sottoscritti il frate Geoffroy de Gonneville, attentamente interrogato sull’epoca e sulle modalità della sua accoglienza e sulle altre cose sopra menzionate, disse che sono circa ventotto anni che fu accolto come frate nell’ordine dei Templari da Robert de Torville, cavaliere e precettore delle magioni templari in Inghilterra, presso Londra, nella cappella della casa templare di quella città.

E in quell’occasione, il templare che lo accolse, dopo avergli consegnato il mantello dell’ordine, gli mostrò una croce dipinta su un certo libro e gli disse che era necessario che rinnegasse l’immagine di colui che vi era raffigurato; e siccome l’accolito non volle farlo, il precettore insistette assai che lo facesse.

Poiché non voleva farlo in nessun modo, il templare, vedendo la sua resistenza, gli disse: «Mi vuoi giurare che, se io ti risparmierò dal farlo, dirai comunque di aver fatto questo rinnegamento se i confratelli te lo chiederanno?».

Ed egli disse di sì, e promise che, qualora fosse stato interrogato da chiunque dei confratelli, avrebbe detto di aver compiuto il rinnegamento; pertanto, a quanto ci ha detto, non negò nient’altro.

Il templare che lo accoglieva gli disse anche che era necessario sputare sopra la croce prima mostrata; e poiché egli non voleva farlo, il templare posò la mano sopra la croce e gli disse: «Sputa almeno sulla mia mano!».

Temendo che il templare togliesse la mano e parte dello sputo potesse cadere sopra la croce, non volle sputare sopra la mano ma in terra, vicino la croce.

Interrogato attentamente sul vizio di sodomia, sull’idolo a forma di testa, sui baci e altri fatti sui quali i templari sono diffamati disse di non saperne nulla.

Interrogato se altri frati dell’ordine, sono accolti nello stesso modo in cui egli stesso fu accolto, disse di credere che, come avvenne a lui in occasione del suo ingresso già ricordato, così avvenga anche per gli altri.

Interrogato se avesse confessato le cose appena dette su richiesta, per denaro, gratitudine, simpatia, paura o odio o istigazione di qualcuno ovvero forzatamente o per paura della tortura, disse di no.

Dopo ciò noi cardinali, secondo le modalità e le forme sopra scritte, ritenemmo che al medesimo frate Geoffroy de Gonneville, che nelle nostre mani abiurava la ora rivelata e ogni altra eresia e che giurava sui santi Vangeli di Dio richiedendo umilmente anche il beneficio dell’assoluzione per questi fatti, fosse da impartire il beneficio dell’assoluzione secondo le forme della Chiesa, riaccogliendo egli stesso nell’unità della Chiesa e restituendolo alla comunione dei fedeli e ai sacramenti ecclesiastici.

Allo stesso modo, il giorno diciannove del corrente mese, costituitosi personalmente in presenza di noi e dei medesimi notai e testimoni Hugues de Pérraud, cavaliere, precettore delle magioni del Tempio in Francia, toccando il libro, giurò sui santi Vangeli di Dio nel modo e nella forma predetti.

E il predetto frate Hugues, dopo che, come si è già detto, ebbe giurato, interrogato sul modo del suo ingresso nell’ordine, disse di essere stato accolto in Lione, nella casa templare di quella città, nella cappella della medesima magione, passati già quarantasei anni più o meno, il giorno della festa della Maddalena prossimo passatoa; e lo accolse come frate dell’ordine il frate Hubert de Pérraud, cavaliere templare e suo zio paterno, visitatore delle magioni dell’ordine in Francia e nel Poitou.

Questi gli posò il mantello dell’ordine sul collo; fatto ciò, un altro confratello di nome Giovanni, che poi fu precettore di La Muce, lo prese da parte nella cappella, e mostratagli una certa croce nella quale era dipinta l’immagine del crocefisso, gli ordinò di rinnegare l’immagine di colui che vi era rappresentato: questi, a quanto ci ha detto, per quanto potè, si oppose.

Nondimeno, alla fine, atterrito dalle intimidazioni e dalle minacce di quel frate Giovanni, rinnegò l’immagine dipinta, ma una sola volta.

Tuttavia, seppure il detto frate Giovanni gli avesse ordinato più e più volte di sputare sopra la detta croce, non volle farlo.

Interrogato se avesse baciato il templare che lo aveva accolto disse di sì, ma solo sulla bocca.

Interrogato sul vizio di sodomia disse che non gli fu mai imposto, né mai lo commise.

Interrogato se avesse ricevuto alcuni nell’ordine disse di sì: molte persone e in molti casi, più di qualsiasi altro templare ancora in vita nell’ordine.

Interrogato sul modo con cui accolse altri disse che, dopo la cerimonia d’ingresso, consegnati i mantelli, imponeva a ciascuno degli accolti che negassero il crocefisso e che baciassero lui sul fondo schiena, sull’ombellico e, in seguito, sulla bocca.

Disse anche che li ammoniva di astenersi dai rapporti sessuali con le donne; e qualora non avessero potuto contenere il desiderio, di unirsi con i propri confratelli.

Per suo giuramento disse anche che il rinnegamento che fece quando fu accolto nell’ordine e le altre prescrizioni che impose a quelli che furono accolti da lui, le aveva fatte soltanto a parole e senza intenzione.

Interrogato perché mai lo avesse fatto e perché mai se ne dolesse, dal momento che lo faceva senza intenzione, rispose che così prescrivevano gli statuti ossia le consuetudini dell’ordine: e da sempre aveva sperato che quell’errore venisse rimosso.

Interrogato se qualcuno tra gli accoliti si rifiutasse di sputare o fare le altre riprovevoli azioni da lui stesso menzionate poco prima, disse che in pochi si rifiutavano: ma alla fine lo facevano tutti.

Disse anche che per quanto egli stesso imponesse ai frati che accoglieva nell’ordine di unirsi sessualmente tra confratelli, mai tuttavia gli accadde di farlo, né udì mai di qualcuno che avesse commesso quel peccato, tranne che di due o tre frati che in Terra d’Oltremare, per quel vizio, erano stati incarcerati nella fortezza di Chàteau-Pélerin.

Interrogato se sappia o meno se tutti i frati dell’ordine siano ricevuti nel modo il cui egli stesso accolse gli altri, disse di non saperlo per certo, tranne che per se stesso e per quelli che aveva accolto personalmente, poiché i templari vengono accolti nell’ordine secondo una procedura talmente segreta che nulla si può sapere, se non attraverso quelli che sono presenti alla cerimonia d’ingresso.

Interrogato se creda che gli accolti siano ricevuti in tal modo disse di credere che quella stessa prassi sia ancora mantenuta per accogliere altri, così come fu praticata per accogliere lui, e che egli stesso aveva osservato per quelli che aveva accolto.


(nella F.to: idolo a forma di testa, che si dice sia adorato dai Templari)

Interrogato sull’idolo a forma di testa, che si dice sia adorato dai Templari, disse che lo vide, mostratogli a Montpéllier dal frate Pierre Allemandin, precettore di quel luogo; e quella testa rimase a frate Pierre.

Interrogato su che età avesse quando fu accolto nell’ordine disse che sentì dire da sua madre di avere avuto diciotto anni.

Disse anche che già un’altra volta aveva confessato questi fatti, in presenza del frate inquisitore Guillaime de Paris o di un suo commissario; e che quella confessione era stata scritta per mano dello stesso maestro che qui si sottoscrive, Amise de Orléans, e di certi altri notai pubblici.

E si attiene a quella confessione come vera, e in quella, e in tutto ciò che in questa concorda con quella, vuole rimaner fermo; e se nella medesima sua confessione fatta, come già detto, dinanzi all’inquisitore o al suo commissario, vi sia qualcosa in più, lo ratifica, lo approva e lo conferma.

Interrogato se abbia confessato le cose appena dette su richiesta, per denaro, gratitudine, simpatia, paura o odio o istigazione di qualcuno ovvero per paura della tortura, disse di no.

Interrogato se dopo che fu arrestato gli fossero state poste domande o fosse stato torturato disse di no.

Dopo ciò noi cardinali, secondo le modalità e le forme sopra scritte, ritenemmo che al medesimo frate Hugues, che nelle nostre mani abiurava la ora rivelata e ogni altra eresia e che giurava sui santi Vangeli di Dio richiedendo umilmente anche il beneficio dell’assoluzione per questi fatti, fosse da impartire il beneficio dell’assoluzione secondo le forme della Chiesa, riaccogliendo egli stesso nell’unità della Chiesa e restituendolo alla comunione dei fedeli e ai sacramenti ecclesiastici.

Allo stesso modo, il venti del corrente mese, in presenza di noi e dei medesimi notai e testimoni, costituitosi di persona il frate Jacques de Molay, cavaliere e gran maestro dell’ordine del Tempio, dopo che ebbe giurato, attentamente interrogato sulla forma e le modalità sopra riportate, disse che sono passati circa quarantadue anni dacché presso Beune, nella diocesi di Autun, fu accolto come frate dell’ordine, per mezzo del cavaliere templare Hubert de Pérraud, allora visitatore di Francia e Poitou, nella cappella della magione di quel luogo.

E sulle modalità del suo ingresso nell’ordine disse che quello che lo aveva accolto, prima di allacciargli il mantello, gli mostrò una certa croce, gli disse di rinnegare Dio la cui immagine era dipinta sulla croce stessa, e di sputarvi sopra: cosa che egli fece; e tuttavia non sputò sulla croce, ma per terra, a quanto disse.

Disse inoltre che quel rinnegamento lo fece a parole, senza intenzione.

Interrogato attentamente sul vizio di sodomia, sull’idolo a forma di testa e sui baci immorali disse di non saperne nulla.

Interrogato se avesse confessato le cose appena dette su richiesta, per denaro, gratitudine, simpatia, paura o odio o istigazione di qualcuno ovvero per paura della tortura, disse di no.

Interrogato se dopo che fu arrestato gli fossero state poste domande o fosse stato torturato disse di no.

Dopo ciò noi cardinali, secondo le modalità e le forme sopra scritte, ritenemmo che al medesimo frate Jacques, gran maestro dell’ordine, che nelle nostre mani abiurava la ora rivelata e ogni altra eresia e che giurava sui santi Vangeli di Dio richiedendo umilmente anche il beneficio dell’assoluzione per questi fatti, fosse da impartire il beneficio dell’assoluzione secondo le forme della Chiesa, riaccogliendo egli stesso nell’unità della Chiesa e restituendolo alla comunione dei fedeli e ai sacramenti ecclesastici.

Nello stesso giorno 20 il già menzionato frate Geoffroy de Gonneville, costituitosi alla presenza di noi e dei medesimi notai e testimoni, ha ratificato, approvato e confermato spontaneamente e liberamente la sua confessione sopra riportata, lettagli pubblicamente nella sua lingua, dichiarando che intende rimaner fermo tanto in questa confessione quanto anche in quella che già un’altra volta ha dichiarato, su questi fatti, dinanzi all’inquisitore o agli inquisitori, dal momento che concorda con la detta confessione fatta dinanzi a noi e ai notai e ai testi ricordati, e che intende attenersi ad entrambe le confessioni; e se nella medesima confessione fatta, come è stato detto, dinanzi all’inquisitore o agli inquisitori, vi sia qualcosa in più, lo ratifica, lo approva e lo conferma.

Nel predetto giorno 20 il già menzionato frate precettore Hugues de Pérraud, costituitosi in presenza di noi e dei medesimi notai e testimoni, in modo e forma analoghi, spontaneamente e liberamente ha ratificato, approvato e confermato la sua confessione sopra riportata lettagli pubblicamente nella sua lingua.

A testimonianza di tutto questo, abbiamo ordinato che le confessioni e tutti i singoli fatti sopra riportati, dinanzi a noi e agli stessi notai e testimoni e da noi stessi resi come qui sopra sono contenuti, vengano scritti e, una volta redatti in pubblica forma da Robert de Condet, chierico della diocesi di Soissons e notaio per autorità apostolica, che fu presente insieme a noi e ai notai e testi sotto indicati, siano munite con il peso dei nostri sigilli.

Questi fatti si svolsero nell’anno, nell’indizione, nel mese, nei giorni, nel pontificato e nel luogo sopra ricordati, in presenza di noi, presenti i notai pubblici per autorità apostolica Umberto Vercellani, Nicolo Nicolai di Benevento, il ricordato Robert de Condet e il maestro Amise de Orléans detto le Ratif, e i testimoni appositamente convocati per questo: il religioso frate Raimondo, abate del monastero di San Teoffredo dell’ordine di San Benedetto nella diocesi di Annecy, e gli avveduti signori Bernardo da Boiano, arcidiacono di Troia, Raoul de Boset, penitenziere e canonico di Parigi e Pierre de Soire, custode della chiesa di Saint-Gaucéry di Cambresis.

(ST) E io il medesimo Robert de Condet, chierico della diocesi di Soissons, notaio pubblico per autorità apostolica, ho assistito a tutti i singoli fatti sopra riportati in presenza dei reverendi padri e già ricordati signori cardinali, di me, e degli altri medesimi notai e testimoni, presente per grazia degli stessi cardinali insieme ai ricordati notai e testimoni, e dietro ordine degli stessi signori cardinali scrissi il presente strumento pubblico e, su richiesta, lo ho redatto in pubblica forma apponendovi il mio segno notarile.

(ST) E io sopra ricordato Umberto Vercellani, chierico di Béziers, notaio pubblico per autorità apostolica ho assistito alle confessioni e a tutti i singoli fatti sopra riportati in presenza dei signori cardinali predetti e come sopra più ampiamente è riportato, presente per grazia di questi insieme ai notai e ai testimoni sopra menzionati e dietro ordine degli stessi signori cardinali, a maggiore garanzia mi sono sottoscritto in questo strumento pubblico e lo ho autenticato con il mio segno notarile.

E io Nicola di Benevento, notaio pubblico per autorità apostolica sopra nominato, ho assistito alle confessioni e a tutti i singoli altri fatti sopra riportati in presenza dei signori cardinali predetti e come sopra più diffusamente è riportato, presente per grazia di questi insieme ai notai e ai testimoni sopra menzionati e dietro ordine degli stessi signori cardinali, a maggiore garanzia mi sono sottoscritto in questo strumento pubblico e lo ho autenticato con il mio segno notarile (ST).

(ST) E io Amise de Orléans detto le Ratif, chierico e notaio pubblico per l’autorità della sacrosanta Chiesa di Roma ho assistito alle confessioni ovvero deposizioni e a tutti gli altri singoli fatti in presenza dei padri e signori cardinali predetti e come sopra è più diffusamente contenuto, fui presente insieme ai notai e testimoni sopra menzionati e dietro ordine degli stessi signori cardinali a testimonianza di verità mi sono sottoscritto, su richiesta, in questo strumento pubblico e lo ho autenticato con il mio segno notarile.

a Siamo al 19 Agosto. La ricorrenza a cui si fa riferimento (Maria Maddalena, sorella di Lazzaro e Marta), cadeva il 22 Luglio. (http://www.enricobaccarini.com/Templari/chinon02.htm)